«Il problema legato alle carenze di medicinali all’interno dell’Unione europea si è acutizzato in modo importante nel corso degli ultimi anni. In particolare, in Francia il fenomeno si è moltiplicato per 20 nel periodo che è andato dal 2008 al 2018. Facendo sì che numerosi pazienti si siano ritrovati in condizioni di pericolo. E mettendo al contempo in difficoltà i servizi sanitari, sia a livello nazionale che nel resto d’Europa». A scriverlo è la deputata europea Nathalie Colin-Oesterlé, del Partito popolare europeo, in un’interrogazione parlamentare indirizzata alla Commissione di Bruxelles.

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L’eurodeputata francese ha aggiunto che «nel mese di luglio del 2019, la European Medicines Agency ha pubblicato due studi nei quali sono state analizzate le cause del problema: dalle difficoltà nella distribuzione ai diversi standard nazionali tra Paesi membri». Tuttavia, tali studi «non sono riusciti ad indicare delle soluzioni specifiche» per fare fronte al problema. Per questa ragione, Colin-Oesterlé ha chiesto all’organismo esecutivo dell’Unione europea di indicare «quali misure siano state previste» e se si stia o meno «immaginando la creazione di un Forum europeo sulla salute, che possa fungere da punto di incontro di tutti gli stakeholder del settore: Stati membri, industrie del farmaco, distributori, pazienti, ecc.». Ciò al fine di «analizzare le cause di tali carenze e adottare delle raccomandazioni».

La deputata transalpina ha quindi concluso spiegando che «ad oggi, l’80% dei principi attivi, come nel caso dell’ibuprofene o del paracetamolo, viene fabbricato in Asia. Soltanto 13 anni fa, tale quota era pari al 20%. Tenuto conto della necessità da parte dell’Europa di porre fine a tale dipendenza dalle catene di approvvigionamento esterne, cosa si intende fare per apportare soluzioni in questo senso? In che modo si vuole, in particolare promuovere le produzioni effettuate in Europa?».

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