Il cambio generazionale farmacia è un problema oppure un’opportunità? E come gestirlo? FarmaciaVirtuale ha raccolto l’opinione di Franco Falorni dello Studio Falorni di Ospedaletto Pisa, specializzato nella consulenza gestionale e contabile per le farmacie, per capire meglio, e con un approccio “scientifico”, il processo di passaggio di testimone tra padre e figlio.
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Dottor Falorni, qual è la situazione attuale?
Il cambio generazionale è un tema di estrema importanza in questo momento del ciclo di vita della farmacia: siamo in una fase di riposizionamento, c’è un passaggio di consegne in atto tra vecchie e nuove generazioni molto importante, che cade in un periodo di crisi economica, ma anche di presa di coscienza di determinate criticità. La crisi, parafrasando Einstein, può essere una fase di svolta che porta a un miglioramento delle situazioni. Come prima cosa, bisogna quindi vedere chi sono gli attori coinvolti: tendenzialmente quarantenni, figli di settantenni, che arrivano alla guida della farmacia. Ci sono in questo momento diversi fattori che spingono al cambio. Con l’affermazione dell’istituto delle società, c’è la possibilità di una compresenza attiva tra padre e figlio. E non dimentichiamo che entro il 31 dicembre i farmacisti in età pensionabile dovranno trasferire la direzione tecnica a un altro soggetto.
Come potrebbe avvenire il cambio generazionale farmacia perché possa essere un fattore positivo?
I padri hanno avuto modo di gestire la farmacia in un periodo estremamente interessante dal punto di vista economico e professionale, in una fase di risorse che potevano sovrabbondare. I figli sono quindi stati educati da una generazione che ha avuto la possibilità di una gestione molto positiva. Io mi chiedo: siamo sicuri che saranno in grado di gestire i nuovi scenari di oggi? Io dico di sì, purché si sappia prendere distanza dalla matrice gestionale dei propri genitori. Gli antidoti sono due. Intanto: formazione, formazione, formazione. Ma formazione vera, per acquisire quelle conoscenze volte all’imprenditorialità che ahimè nelle generazioni passate è mancata. Secondo aspetto: il sacrificio. Una parabola del Vangelo dice che c’è il momento di seminare, quello di arare e quello di raccogliere. Il raccolto è stato fatto, ora è il momento, aggiungo io, di dissodare, prima di seminare e arare, togliere le erbacce, per poter raccogliere poi di nuovo i frutti. E c’è poi anche un terzo punto, obbligatorio e non negoziabile: la professionalità, per essere farmacista-imprenditore, distinguendosi grazie alla professionalità dalla grande distribuzione.
Più concretamente, cosa vuol dire “dissodare”?
Significa fissare con chiarezza gli obiettivi, la forma aziendale, la natura giuridica: la mia farmacia sarà una ditta individuale, o con altri? Ci si propone di fare speculazione, massimizzando il profitto, o una funzione sociale, con un reinvestimento sul territorio da parte della farmacia, rinunciando a una quota del profitto, per garantire servizi utili per la comunità? E ancora: si tratta di una farmacia con alta redditività, o al contrario con una situazione debitoria, o di una farmacia in un contesto concorrenziale?
Quindi che cosa bisogna fare?
È fondamentale parlare col proprio commercialista per capire gli asset del bilancio e la situazione generale della farmacia, perché a seconda della situazione cambiano le strategie. E non necessariamente la nuova generazione è migliore della precedente: è sufficientemente addestrata? È disposta al sacrificio?
Tradizionalmente i giovani hanno maggiori attitudini tecnologiche, e la tecnologizzazione e digitalizzazione sembrano imporsi in tutti i campi; che ruolo possono avere nel settore farmacia?
Negli Anni 80 c’è stata la prima informatizzazione in farmacia, e in quel momento solo i pionieri sfidarono queste macchine, con costi alti e informazioni non facili da maneggiare. C’è stata una resistenza di 15 anni, poi tutti i farmacisti hanno preso confidenza con le tecnologie. Le tecnologie di oggi possono essere un’opportunità, ma solo se non si confondono fini e mezzi. Informatizzare, sfruttando la maggior predisposizione dei giovani alle tecnologie, ha senso solo se è finalizzato a un obiettivo.
È ovvio che non esiste una ricetta magica, ma concludendo quali sono i rischi del passaggio generazionale in farmacia, e quali le possibili vie da seguire?
Il rischio è che il cambio generazionale sia la semplice prosecuzione della stessa linea gestionale che già non funzionava o funzionava poco prima. La maggior parte delle farmacie, ed è scioccante, non sa quanto guadagna e qual è la propria situazione finanziaria. È questa la base di tutto. Il 55% delle farmacie ha troppa poca redditività del capitale che ha investito. E questo perché non sa gestire il proprio investimento e non ne ha consapevolezza. Il consiglio è quindi di sfruttare il passaggio generazionale per fare, se non lo si è mai fatto prima, un’attenta analisi della situazione economica, finanziaria e gestionale della farmacia, per poi capire a seconda del proprio caso come e dove agire.
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