Tra le misure per il 2021 a sostegno della maternità e delle famiglie in difficoltà economica, è previsto anche un bonus per l’acquisto di latte artificiale. Benchè pensato per sostenere le madri che non possono allattare al seno per cause scientificamente accertate e comprovate, la Società italiana di neonatologia ritiene che la misura possa penalizzare la scelta di allattare al seno per le madri in grado di farlo. Questo anzitutto perché ancora sembra non ci siano fondi né aiuti per sostenere le genitrici intenzionate ad allattare in modo naturale. In secondo luogo, a parere della Sin, le condizioni materne contemplate dalla legge per giustificare l’allattamento artificiale non sono abbastanza stringenti. «La lista allegata al testo di legge, che contiene le condizioni materne che giustificherebbero il ricorso all’allattamento artificiale – spiega Fabio Mosca, presidente della Società italiana di neonatologia – non corrisponde alle recenti evidenze scientifiche, né alla pratica clinica. Va pertanto riconsiderata e siamo pronti, insieme alla Società italiana di pediatria (Sip), come anche manifestato direttamente al Ministro della Salute Speranza in una lettera a lui indirizzata, a dare il nostro dettagliato parere, anche in sintonia con il documento di consenso del 2015 promosso dal Tavolo tecnico allattamento del ministero della Salute».

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«Servono politiche a favore dell’allattamento al seno»

Un sostegno destinato solo all’uso del latte artificiale senza una misura che favorisca anche le madri che vorrebbero allattare in modo naturale potrebbe, secondo la Sin, portare facilmente all’abbandono di questa scelta. «Riteniamo che questo provvedimento – dichiara Fabio Mosca – se non verranno definiti criteri oggettivi e stringenti, possa penalizzare l’allattamento al seno. È necessario, da una parte, identificare le poche situazioni, basate su solide evidenze scientifiche, in cui l’allattamento materno è controindicato, dall’altra affiancare questa iniziativa a interventi dedicati al sostegno dell’allattamento naturale. Servono politiche organiche a favore dell’allattamento al seno e della maternità, che da tempo sosteniamo insieme alle altre società scientifiche dell’area perinatale. Servono misure legislative ancora più incisive a supporto delle donne lavoratici, affinché riescano ad allattare i loro bambini più a lungo di quanto attualmente avvenga e norme specifiche per la diffusione delle banche del latte umano donato». Il presidente della Sin fa inoltre notare che «l’allocazione di risorse finanziarie per le famiglie dovrebbe prescindere dal tipo di allattamento ed essere una modalità per sostenere la nascita, la crescita e l’alimentazione corretta del neonato e del bambino. Nelle scelte sull’allattamento, inoltre, è fondamentale il coinvolgimento di neonatologi e pediatri».

Italia lontana dalle raccomandazioni Oms

In Italia non esiste un vero e proprio monitoraggio nazionale dell’allattamento, nonostante sia richiesto dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che raccomanda un allattamento possibilmente esclusivo al seno per tutti i primi sei mesi di vita del neonato. Gli unici dati di cui disponiamo evidenziano, secondo la Sin, la necessità di investire maggiormente sulla promozione dell’allattamento naturale. «Sulla base dei dati disponibili raccolti in una survey condotta dal Tavolo tecnico allattamento del Ministero della Salute nel 2014 – afferma Fabio Mosca – l’allattamento esclusivo alla dimissione dall’ospedale oscilla dal 20 al 97%, con rilevanti disomogeneità inter-aziendali, a tre mesi è del 47-52% e a cinque mesi del 12-30%. Questi dati mostrano la necessità di un maggiore investimento sulla promozione e diffusione dell’allattamento al seno, a più livelli, in considerazione del gap esistente rispetto alla raccomandazione dell’Oms».

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