Le farmacie fanno gola alle organizzazioni criminali? Il rischio – secondo quanto riferito dalla presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi sulle colonne di Monitor, trimestrale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali – è concreto. «Una lunga e solida relazione – scrive la parlamentare – lega le organizzazioni mafiose alla sanità e alle professioni mediche. Più di altri settori, offre alle mafie una ricchissima gamma di opportunità e costituisce una sede privilegiata per gli investimenti delle cosche. Numerose inchieste giudiziarie lo confermano, rivelando sofisticati sistemi di infiltrazione all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private». Ma quali sono le ragioni del fenomeno? «In primo luogo ci sono i vantaggi economici. Con i suoi circa 120 miliardi di spesa pubblica, a cui si affiancano 30 miliardi di spesa privata dei cittadini, il sistema sanitario si configura come un fertile terreno di riciclaggio delle ricchezze criminali e di espansione nell’economia legale». È per questo che «laboratori di analisi, farmacie, cliniche private o strutture accreditate con i sistemi regionali rappresentano i segmenti produttivi in cui si mostra la vocazione imprenditoriale delle nuove mafie, sempre più orientate alla conquista di importanti segmenti del mercato». «Le mafie – aggiunge Rosy Bindi – vivono di relazioni sociali e sanno sviluppare competenze professionali in grado di operare nella finanza e di gestire appalti e subappalti per servizi e forniture di vario genere». Uno dei primi a lanciare l’allarme era stato il presidente di Federfarma Palermo-Utifarma, Roberto Tobia, secondo il quale la criminalità organizzata potrebbe sfruttare la possibilità di investimento offerta in particolare dalla legge sulla Concorrenza, con l’obiettivo di effettuare operazioni «di riciclaggio e speculazione». Un rischio concreto anche secondo il presidente della Fofi Andrea Mandelli, che a FarmaciaVirtuale.it aveva spiegato che «la farmacia può essere un veicolo di riciclaggio, così come un megastore di elettronica di consumo, una clinica privata e tante altre attività economiche». Anche perché, come aggiunge Bindi, «il mondo sanitario è soprattutto una fonte di legittimazione sociale e di potere. Le indagini sulle Asl commissariate hanno messo in luce come il personale sanitario costituisca un punto d’attacco privilegiato per esercitare il controllo sul territorio».
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