art-62-legge-27-2012-farmaciePubblichiamo un ulteriore parere legale alla luce dell’emanazione del regolamento dell’Agcom.

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È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 58 del 9 marzo 2013 la delibera 6 febbraio 2013 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in avanti AGCM), recante il “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di disciplina delle relazioni commerciali concernenti la cessione di prodotti agricoli e alimentari”.

L’adozione del regolamento, avvenuta dopo che l’AGCM aveva svolto una consultazione pubblica su una prima bozza del testo (in quel momento costituito da 14 articoli), è stata disposta in applicazione del combinato disposto dei commi da 5 a 8 dell’art. 62 del D. L. 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. “Decreto Sviluppo”), come convertito nella L. 24 marzo 2012, n. 27, nonché dell’art. 7, comma 1, del D.M. 19 ottobre 2012, n. 199, concernente appunto l’attuazione del predetto art. 62.

In forza di tali norme, infatti, il Legislatore ha affidato all’AGCM sia la vigilanza sull’applicazione della disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agroalimentari, che l’irrogazione delle sanzioni di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689; avendo, in particolare, il richiamato D.M. demandato ad un regolamento dell’AGCM la disciplina della procedura istruttoria per l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle conseguenti sanzioni in detta materia, nel rispetto del contraddittorio, della piena cognizione degli atti, della verbalizzazione e delle modalità di pubblicazione delle decisioni.

Con tale regolamento, dunque, può considerarsi definitivamente approntato l’apparato normativo in materia di relazioni commerciali tra operatori della filiera agroalimentare; prendendo, conseguentemente, avvio, da questo momento, l’applicazione della nuova disciplina.

Il regolamento, pone – ad una prima lettura e salvi quelli che saranno gli esiti applicativi – alcune questioni problematiche che, unitamente alle prime considerazioni in merito, risultanti dall’esame del regolamento, di seguito si espongono.

I. Ambito di applicazione (artt. 2 e 4)

Ha suscitato, tra i primi commentatori del regolamento un certo clamore il fatto che il regolamento in esame circoscriva la sua applicazione alle relazioni economiche del settore agricolo e alimentare caratterizzate da un “significativo squilibrio”.

Infatti, da parte di alcuni, si è ritenuto che il riferimento al “significativo squilibrio” delle predette relazioni violi il dettato di cui all’art. 62 del D.L. n. 1 /2012 che stabiliva l’applicabilità della normativa in esame senza far esplicito riferimento ad una siffatta restrizione; mentre, da parte di altri, sempre in senso negativo, si è ritenuto di rinvenire in detto riferimento l’attribuzione, in capo all’AGCM, di un potere discrezionale circa l’avvio o meno dell’istruttoria, eccessivamente esteso e, comunque, privo di riscontro nella disciplina normativa a monte del regolamento (ossia nei più volte richiamati art. 62 e D.M. di attuazione).

In realtà, al di là e a prescindere da interpretazioni, a volte anche strumentali, in quanto riconducibili agli interessi dell’una piuttosto che dell’altra categoria di operatori della filiera in argomento, la questione pare, più correttamente dover essere trattata e considerata alla luce della ratio che ispira la disciplina in commento e che, conseguentemente, ne caratterizza la portata e lo stesso ambito applicativo.

E così, come precisato dal Consiglio di Stato nel richiamato parere del 27 settembre 2012, reso sullo schema del D.M. di attuazione dell’art. 62, lo scopo della predetta disciplina è costituito dalla necessità di evitare posizioni di abuso di dipendenza economica ovvero squilibri di forza commerciale e/o contrattuale tra i diversi operatori della filiera agroalimentare.

In altri termini, il Consiglio di Stato, nel sottolineare che “lo scopo della nuova normativa è quello di garantire maggiore trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare attraverso l’eliminazione di ingiustificato squilibrio contrattuale tra le parti”, ha inteso evidenziare come l’art. 62 sia intervenuto a difesa della parte contrattualmente più debole per evitare che una posizione dominante nei rapporti commerciali (ad esempio grande distribuzione – piccolo fornaio artigiano) porti alla determinazione di condizioni inique giustificabili soltanto in ragione della sussistenza di un rapporto di forze commerciali sbilanciato.

Il che significa altresì che la disciplina in esame, mentre troverà senz’altro applicazione nei rapporti tra operatori commerciali aventi diversa forza contrattuale, non necessariamente potrebbe trovarla a fronte di relazioni imprenditoriali basate su posizioni di equilibrio di entrambe le parti (ad esempio fornitore di farina e panettiere); salva restando, ovviamente, l’applicazione delle norme civilistiche in materia di inadempimento e/o di ritardato adempimento, nonché gli interessi moratori come previsti dalla normativa in questione. Nel senso che, in presenza di una relazione commerciale caratterizzata da equilibrio contrattuale e commerciale tra le parti, l’eventuale ritardato pagamento di una cessione di beni, se esporrà il debitore inadempiente alle conseguenze dell’illecito civile, non lo sottoporrà invece a quello dell’illecito amministrativo di cui alla Legge n. 699/1981 e quindi alle indagini dell’Autorità competente ad accertare quest’ultimo tipo di illecito, ossia l’AGCM.

Non a caso, pertanto, il regolamento in esame fa riferimento al “significativo squilibrio” che deve connotare le relazioni commerciali. E non lo fa a caso perché, prima di esso, lo stesso art. 1 del D.M. n. 199/2013 lo fa a propria volta, sulla scia della ratio dell’art. 62 come rinvenuta dal Consiglio di Stato; che, altrimenti, ossia se la predetta disciplina fosse applicabile a qualsivoglia tipo di relazione commerciale, anche se equilibrata, la stessa, nella sua applicazione pratica, lungi dal produrre quell’effetto di tutela della concorrenza che si propone di perseguire, finirebbe per introdurre sul mercato effetti discorsivi e, quindi, nocivi per gli operatori economici.

È dunque bene precisare sin da ora che, sempre salvo restando la necessità di apposita verifica in concreto caso per caso, difficilmente un impresa medio- piccola, qual è di norma l’azienda di panificazione artigianale, potrà assumere una posizione di preminenza commerciale/contrattuale nei confronti di un altro operatore della filiera agroalimentare; con la conseguenza che altrettanto difficilmente si potrà imputare a un azienda siffatta una condotta e/o pratica sleale. Sarà semmai probabile il contrario, soprattutto nei rapporti con la GDO dalla quale, pertanto, si dovrà pretendere le piena e corretta applicazione della normativa in esame.

Avv. Luca Mazzeo

via FornaioAmico

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