Quale futuro per la farmacia? In un momento così difficile per il settore, quali possibili strategie mettere in campo e quali vie di uscita? In occasione del convegno “Federfarma Servizi e la farmacia: la rete della salute”, appuntamento che si terrà a Lecce il 5 e 6 settembre per discutere della situazione attuale e delle prospettive del settore a cui è stata invitata anche il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, FarmaciaVirtuale ha intervistato il neoeletto presidente di Federfarma Servizi, Antonello Mirone.
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Dottor Mirone, come vede e cosa vede nel futuro della farmacia?
Vedo un ruolo sempre più determinante, o almeno così mi auguro. Qualcosa in più della dispensazione del farmaco, che includa anche servizi e maggior collegamento con le altre figure sanitarie, medici, assistenti domiciliari, infermieri. Penso ad esempio a servizi di autoanalisi sempre più significativi, specializzazione in campo audiometrico e flebologico. È necessario che il cittadino trovi più risposte possibili in farmacia; certo occorre trovare il modo perché questi servizi siano retribuiti alle farmacie, facendo lobby sull’ente pubblico puntando sul risparmio che si otterrebbe retribuendo la farmacia invece che una filiera ben più costosa. Deospedalizzare, far leva sulla pharmaceutical care, serve a risparmiare. E la diagnostica potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella farmacia del futuro, anche prossimo.
Cosa si può fare per uscire dalla situazione di crisi del sistema farmacia?
Occorre mettere mano alla questione remunerazione, riaprire come è stato fatto in questi giorni il tavolo di concertazione, voluto dal ministro Lorenzin. Un altro argomento saliente è la convenzione, scaduta da anni; parliamo di un DPR ormai anacronistico. Sono ottimista, mi è sembrato di cogliere la volontà generale di conservare il patrimonio della farmacia.
Che consiglio darebbe ai farmacisti in questa fase, cosa fare e cosa no?
Il mio consiglio è di non intraprendere strade solitarie, individuali, ma di fare aggregazione con strutture già esistenti, quali le cooperative; fare rete, che è il tema del nostro convegno di Lecce. È la via per riuscire a proporre nuovi servizi riducendo i costi di organizzazione, che possono essere cari o del tutto insostenibili per il singolo, mentre a livello di gruppo diventano fattibili.
Secondo lei ristrutturare, pagare consulenti per migliorare il business possono essere possibili vie di uscita dalla crisi, o non è il momento per passi del genere?
Occorre reagire, essere proattivi, ma selezionando bene iniziative e consulenti, valutandoli secondo le proprie potenzialità e il proprio mercato di riferimento, il proprio bacino. Investire per dare servizi in più, ma in modo mirato, con cautela, e avvalendosi di consulenti qualificati; ce ne sono anche troppi di improvvisati che promettono traguardi impossibili.
Che cosa si sente di dire ai colleghi farmacisti?
Che bisogna avere la capacità di investire insieme e di fare gruppo, sentire senso di appartenenza; colgo troppo isolamento, che non è sicuramente produttivo. Bisogna arrivare a pensare a un vantaggio di categoria, piuttosto che isolato, che è effimero e non duraturo. È meglio stare in gruppo in un sistema che vive, piuttosto che essere gli unici a sopravvivere in un sistema che affonda.
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