
Tale visita si è svolta dal 9 al 13 gennaio 2017 in tre regioni; al termine, i delegati dell’ECDC hanno stilato le loro conclusioni e fornito una serie di raccomandazioni in un documento finale: «La situazione dell’antimicrobico-resistenza nelle regioni e negli ospedali italiani – hanno spiegato – è tale da rappresentare una grave minaccia per la salute pubblica del Paese. Sembra che i dati relative all’AMR siano accettati e considerati ineluttabili, ma manca un reale coordinamento a tutti i livelli e tra i livelli. Se il fenomeno non sarà limitato, nel breve futuro alcuni interventi chirurgici chiave saranno compromessi». Occorre pertanto «rafforzare il sistema attuale, introdurre misure appropriate per ridurre l’uso di antimicrobici in ospedale e comunità ed implementare gli interventi per il controllo delle infezioni. Inoltre, mancano procedure di supervisione e audit per verificare i progressi delle regioni, soprattutto quelle con quadri più critici». Al contrario, «sono presenti ottime esperienze e buone pratiche a livello regionale che è necessario esportare nel resto del Paese, attraverso un’azione di promozione e coordinamento centrale».
Di qui le raccomandazioni: «Il Piano nazionale rappresenta un’opportunità per definire una roadmap ed è necessario che venga finalizzato e approvato rapidamente, includendo azioni, indicatori e obiettivi. L’Italia è leader nel campo delle vaccinazioni: alla stessa maniera dovrebbero essere individuati indicatori da inserire nel monitoraggio annuale dei LEA. È necessaria poi l’individuazione, sia a livello nazionale che regionale, di fondi dedicati. Occorre costruire un sistema di incentivi per il raggiungimento dei risultati correlati alla prevenzione ed al controllo delle infezioni correlate all’assistenza e all’antimicrobial stewardship». Inoltre, è utile istituire «un team dedicato all’AMR all’interno del ministero della Salute, che sia multisettoriale e che si occupi anche del coordinamento delle iniziative di comunicazione. È quindi urgente il potenziamento della sorveglianza e si deve prevedere un sistema di accreditamento dei laboratori di microbiologia con l’individuazione di criteri minimi». Infine, è necessario «rafforzare il training dei laureati e dei laureandi, realizzare campagne di comunicazione e migliorare le partnership tra stakeholders regionali e nazionali».
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