«L’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 195 del 18 marzo 2021 ha ricordato che, in caso di scioglimento dell’impresa familiare, la quota di reddito maturata alla data di scioglimento dell’impresa familiare deve essere regolarmente assoggettata a tassazione Irpef in capo al titolare dell’impresa, mentre le somme liquidate in qualità di collaboratore dell’impresa familiare e per effetto dello scioglimento della stessa non assumono rilevanza fiscale, in quanto a contenuto meramente patrimoniale». È quanto si legge in una circolare di Federfarma, inviata il 22 marzo 2021 ai consulenti fiscali, alle associazioni provinciali e alle unioni regionali. «Ai fini delle imposte indirette – prosegue la nota – e con riferimento allo scioglimento dell’impresa familiare, è necessario formalizzare la cessazione con una scrittura privata autenticata o con atto pubblico per provare, con atto avente data certa, la cessazione della produzione del reddito da parte del collaboratore. L’atto di scioglimento sconterà l’imposta in misura fissa».

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Le percentuali di imputazione ai familiari

Ciò sulla base di un quesito posto all’Agenzia delle Entrate dalla stessa Federfarma: «In proposito – sottolinea il sindacato – si rammenta che l’art. 5 del Dpr 917/1986 (Tuir), comma 4, richiamando l’art. 230 bis C.C., prevede che i redditi delle imprese familiari – limitatamente al 49% dell’ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell’imprenditore – sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell’impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. L’art. 60 del TUIR stabilisce che non sono ammesse in deduzione a titolo di compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprenditore, dal coniuge, dai figli, affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro e dagli ascendenti, nonché dai familiari partecipanti all’impresa familiare».

Il reddito di impresa

Citando la stessa risposta dell’Agenzia delle Entrate, Federfarma ha fatto sapere che «sempre con riguardo all’impresa familiare, è stato chiarito che, in base alle norme vigenti in materia, il reddito dell’impresa è dichiarato nel suo ammontare complessivo dall’imprenditore, che è l’unico titolare dell’impresa, il quale può imputare parte del suo reddito ai familiari per un ammontare non superiore al 49%. Si rileva, al riguardo, che i redditi imputati a tali soggetti, in proporzione delle rispettive quote di partecipazione, non rappresentano costi nella determinazione del reddito dell’impresa familiare, bensì una ripartizione dell’utile dell’impresa stessa. Ne consegue che nella contabilità dell’imprenditore non viene iscritto il “costo” del lavoro del collaboratore ma lo stesso viene remunerato come quota di utile, che diminuisce il reddito del titolare in dichiarazione dei redditi».

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