L’abusivismo professionale è un fenomeno che nonostante i controlli e gli interventi delle forze dell’ordine continua a creare concorrenza sleale a chi con fatica e sacrificio segue un percorso formativo, spesso lungo anni, per raggiungere la professionalità. Le conseguenze, anche per gli utenti, sono tanto più sensibili in ambito sanitario, farmacia compresa. Per approfondire e fare il punto sulla situazione FarmaciaVirtuale.it ha intervistato il senatore Luigi d’Ambrosio Lettieri, capogruppo di FI nella commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama, vicepresidente di Fofi, Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, e presidente dell’Ordine interprovinciale dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani.
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Quali sono le iniziative della Federazione degli ordini sull’abusivismo professionale in farmacia?
FOFI da tempo tiene sotto osservazione il fenomeno e ha posto in essere iniziative di monitoraggio, sensibilizzazione e prevenzione, con sollecitazioni ai presidenti degli ordini. Abbiamo inviato inviti reiterati ai presidenti provinciali affinché tengano in priorità il tema. Il fenomeno a livello numerico non è un’emergenza, ma gli ordini devono svolgere una crociata di contrasto per la dignità della professione.
Quali sono le possibilità di azione?
Dal punto di vista repressivo, ogni volta che riceviamo segnalazioni ci rivolgiamo alle autorità con note ufficiali da parte dell’ordine. Io, come presidente dell’Ordine di Bari e Barletta-Andria-Trani, mi sono trovato a segnalare alle procure delle denunce, e ho sollecitato i carabinieri dei Nas per fare controlli nelle farmacie. L’attività di controllo ha portato a disvelare dei casi e a prendere provvedimenti. Come ordine abbiamo provveduto negli anni ad attivare delle commissioni di vigilanza. L’esercizio abusivo è un rischio per il cittadino, oltre che umiliante per tanti giovani che con sacrificio sono arrivati a un traguardo e non possono sopportare che persone senza requisiti di legge stiano dietro a un bancone.
Perché ci sono ancora colleghi, a suo avviso, che nonostante le competenze e professionalità richieste dalla farmacia ricorrono ai “camici blu”; qual è la sua analisi?
È un fenomeno privo di motivazione, frutto di assoluta superficialità, anche perché il farmacista scoperto subisce sanzioni e viene segnalato alle autorità giudiziarie. Il camice blu costa molto poco in meno di un farmacista, non c’è una reale condizione di beneficio economico, se mai si volesse usare questo come ragione del fenomeno. La retribuzione di un farmacista prima nomina può aggirarsi sui 1300-1400 euro, quella di un non laureato non credo vada sotto i mille. La differenza non è abissale e un motivo sufficiente, per quello che si rischia, anche a livello di riconoscibilità da parte dell’utente della professionalità del camice bianco.
Cosa rischia chi pratica l’abusivismo professionale?
Di recente abbiamo approvato in Senato un disegno di legge che aumenta le pene per l’esercizio abusivo delle professioni. I farmacisti che se ne rendessero responsabili vanno inoltre incontro a una sanzione disciplinare, che macchia la fedina professionale con una cosa disdicevole in termini di rispettabilità della propria farmacia.
In che modo i colleghi vittime di abusivismo professionale possono difendersi da questa pratica?
I colleghi offesi da questa pratica devono fare una segnalazione all’ordine. Mi rendo conto che spesso c’è un atteggiamento reticente per non comparire, ma c’è anche la possibilità di fare una comunicazione confidenziale circostanziata. Almeno, nell’ordine che presiedo io procedo in questo modo, e attivo subito i controlli. Non ci sono all’Ordine di Bari atteggiamenti di solidarismo e perdonismo su questo fronte. Tolleranza zero. Poi si può fare sempre di più e meglio, ma la nostra volontà è di deterrenza.
Cosa direbbe ai farmacisti che ricorrono all’abusivismo professionale?
Suggerirei di farsi visitare da uno psichiatra. Sono matti. Non capisco il livello di beneficio economico o di altro genere che possano ricavarne. Non che altrimenti sarebbe accettabile, ma almeno avrebbe una logica. La differenza di retribuzione tra un camice bianco e uno blu è ingiustificabile.
Difronte a possibili “conflitti di interesse” tra ordini e Federfarma, con membri incrociati eletti nei rispettivi consigli, secondo lei possono essere comunque tutelati gli interessi delle categorie di titolari e non titolari?
Credo che si tratti di un fenomeno residuale, e che non rappresenti un conflitto di interessi. L’interesse è il medesimo. L’ordine e il sindacato seguono percorsi diversi, ma per raggiungere gli stessi obiettivi. Se dovessi scoprire che ci sono interessi confliggenti ne resterei stupito e anche molto rammaricato.
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