Di Filippo Bornino
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Breve storia della farmacia
Il processo di riordinamento legislativo della farmacia che ancora oggi, in parte, regolamenta il settore, inizia nel 1913 con la riforma Giolitti e si conclude nel 1934 con l’approvazione del TULS. Il settore delle farmacie ha avuto negli anni un trend positivo di crescita, anche grazie al rapporto che regola la farmacia con lo Stato attraverso il SSN, fino al 1992. Dal ‘92 c’è stata una lenta diminuzione del fondo del SSN destinato alla spesa farmaceutica a causa della riduzione della spesa pubblica e di un elevato sfondamento della spesa farmaceutica che è avvenuta in determinate regioni d’Italia ( La qualità e quantità della spesa era nettamente superiore alla media nazionale). Da questo momento il budget di spesa è stato deciso unicamente dallo Stato. Quindi ogni anno è lo Stato che attraverso le risorse finanziare a disposizione decide quanto destinare alla spesa pubblica nel settore sanità e decide quale sia il budget destinato alla spesa farmaceutica. Dall’anno 2006 con la sequenza dei decreti Storace, decreti “Lenzuolate Bersani”, i più recenti “Salva Italia” e “Cresci Italia”, sono avvenuti cambiamenti Copernicani nel modello farmacia fino ad oggi conosciuto. Il risultato finale, con la prospettiva a breve di ulteriori cambiamenti, è un fallimento del modello farmacia che si ritrova alla ricerca di una nuova identità (Format e Concept) sia di ruolo sia di modello di business: di ruolo perché il farmacista è alla ricerca del recupero della propria identità da mettere nuovamente al centro dell’attività; di business perché alla luce di tutti i cambiamenti avvenuti, la farmacia deve ritrovare un nuovo assetto ed un giusto equilibrio fra tutte le varie fasi che caratterizzano l’attività del farmacista.
Farmacista in cerca d’autore
Il farmacista con la farmacia ha goduto, fino ad oggi, dell’esclusiva nella vendita del farmaco. Questa esclusiva ha creato un certo retaggio culturale negli operatori farmaceutici, una sorta di chiusura e cecità che perdura tutt’oggi. La figura del farmacista ha sempre vissuto di questa ambiguità di rapporto tra la componente professionale e l’esigenza commerciale. I progressivi cambiamenti hanno depauperato l’aspetto professionale e ridotto sensibilmente l’attività commerciale. Se vogliamo passare a un discorso meramente numerico il “mondo farmacia” produce un volume d’affari di circa 25 mld di euro, superiore anche alla prima azienda italiana, la FIAT. Tutto ciò purtroppo produce attualmente dei margini irrisori a fronte di impegni di spesa imprenditoriali elevati: dai costi di gestione, alle criticità dei crediti bancari. Inoltre il farmacista, quale erogatore del farmaco, è incaricato, giustamente, di grosse responsabilità professionali e ad essere quel collegamento/filtro tra la prescrizione del medico ed il cliente finale. Ciò nonostante al farmacista si possono imputare delle “colpe” che riguardano principalmente un suo totale disinteresse ai cambiamenti che sono avvenuti a livello legislativo e soprattutto a livello economico (economia globale e dei servizi) rendendolo miope difronte alle opportunità che si sono venute a creare rallentando di conseguenza quel processo di cambiamento che oggi si presenta come inderogabile. Questa miopia inoltre, ha prodotto nello stesso farmacista una forte sfiducia nel futuro e una totale mancanza del “concetto di aggregazione” che lo rende facilmente “vittima” nelle dinamiche della filiera. L’autoreferenzialità del farmacista che si è sempre considerato un libero professionista autonomo e indiscutibile, l’ha portato inevitabilmente a fare i conti con il suo anacronismo, la crisi economica e soprattutto la sua crisi d’identità.
Una farmacia diversa è possibile?
La figura del farmacista, sia che svolga la sua attività nell’ ambito delle farmacie pubbliche e private sia che svolga la sua attività nell’ambito dell’industria farmaceutica e nelle strutture sanitarie pubbliche, deve principalmente recuperare la sua professionalità: non come mera affermazione della stessa ma come riaffermazione del proprio profilo di esperto del farmaco e della salute al servizio del cittadino. Dal punto di vista commerciale l’incremento di aperture di nuove farmacie, il nuovo sistema di remunerazione del SSN, l’apertura di nuove punti di vendita extra-farmacia (parafarmacia e corner) devono spingere il farmacista ad entrare nell’ordine di idee che non è più una singola unità commerciale ma parte integrante di un tessuto, di una aggregazione effettiva. Oggi esistono già forme di aggregazione e associazionismo (vedi cooperative o gruppi d’acquisto etc) ma queste formule ancora non determinano il cambiamento di mentalità necessario per risollevare le sorti del settore. Ciò che manca concretamente sono forme d’affiliazione e network reali (con relativi format e concept) che permettano al farmacista di dedicare maggior tempo e maggiori energie all’aspetto professionale (ad esempio alla formazione) poiché in buona parte il peso dell’amministrazione e della gestione economica è garantito dalla “sede centrale” della rete. Analizzando infatti l’andamento del settore si può evincere non una crisi assoluta del mercato farmaceutico ma sarebbe più corretto parlare di crisi di un modello, quello della farmacia e del farmacista nella sua componente culturale. A tal proposito “la rete” potrebbe permettere un rapido recupero delle lacune, ad esempio gestionali e amministrative del punto vendita, tramite corsi di formazione mirati ed integrati in un ottica futuribile e non miope difronte ad una realtà segnata da un forte dinamismo ed evoluzione continua.
Fare rete per fare impresa
Il “concetto di rete” non è innovativo per il settore delle farmacie, infatti è già affrontato strutturalmente mediante la distribuzione capillare sul territorio delle circa 18.000 farmacie esistenti. Se a questo andiamo ad aggiungere le 3.000-4.000 farmacie messe a concorso abbiamo la presenza di circa 22.000 farmacie presenti sul territorio; se vogliamo ulteriormente allargarla alle 4.000 parafarmacie esistenti e le diverse centinaia di corner presenti nella GDO, abbiamo la presenza sul territorio di circa 27-28.000 punti vendita. Il territorio è completamente coperto nelle sue differenti tipologie di punti vendita ma ciò che manca è una penetrazione profonda, penetrazione che potrebbe essere realizzata attraverso lo spostamento del core business dal prodotto ai servizi per il cittadino affinché le farmacie possano diventare dei centri per la salute ed il benessere. Ma ciò che più risulta necessario ed impellente è cambiare l’approccio culturale, la forma mentis del farmacista che deve iniziare a concepire la propria farmacia non come una unità singola ed isolata ma come un elemento di un sistema più ampio e che possa mettersi in “relazione” con tutte le istanze del territorio in un ottica di servizio per il cittadino per attuare un reale “concetto di fare rete per fare impresa”.
Dr. Filippo Bornino
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