«È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale Ue, lo scorso 9 luglio, il Regolamento Ue n.2024/1860 che modifica i Regolamenti 2017/745 e 2017/746 per quanto riguarda: (1) l’introduzione graduale di Eudamed, (2) l’obbligo di informazione in caso di interruzione della fornitura, (3) il rinvio per la ricertificazione dei diagnostici in vitro». È quanto si legge in una nota di Federfarma, la quale ha reso noto che «secondo quanto previsto dai Regolamenti del 2017, la Commissione Ue deve predisporre, mantenere e gestire Eudamed, la banca dati europea dei dispositivi medici. Eudamed è composta di 6 moduli [Udi (Identificazione Unica del Dispositivo) ai fini della tracciabilità, operatori economici, organismi notificati/certificati, sorveglianza post-commercializzazione e vigilanza, sorveglianza del mercato e indagini cliniche/studi delle prestazioni]. Le norme ora vigenti non permettono la piena applicabilità di Eudamed se non dopo che tutti i 6 moduli siano stati certificati come pienamente operativi. La Commissione Ue stima che ciò avverrà a fine 2027».
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Operatività del sistema di tracciabilità
Alla luce di quanto evidenziato, come si legge nella circolare Federfarma, «per evitare ciò, il Regolamento 2024/1860 stabilisce che ciascun modulo potrà essere applicabile nel momento in cui viene certificato come pienamente operativo. Ciò porterà ad anticipare l’uso obbligatorio di diversi moduli, tra cui quello relativo alla tracciabilità dei dispositivi. Più precisamente il sistema di tracciabilità diventerà operativo sei mesi dopo l’annuncio della Commissione Ue che certifica la piena funzionalità del relativo modulo Eudamed. La Commissione europea ha previsto che i primi moduli saranno operativi ad inizio 2026. Anche le farmacie saranno chiamate ad alimentare il futuro sistema di tracciabilità completa sulla banca dati nazionale dei medical device (cfr. a riguardo ns. circ. n.183/2018 cit. in epigrafe). Si stima che ad inizio 2026 le farmacie italiane dovrebbero aver l’obbligo di tracciare circa 300 milioni di confezioni». Dunque «anche l’attuale sistema di registrazione dell’Udi di alcuni dispositivi medici che le farmacie effettuano in qualità di professionisti sanitari (cfr. ns. Circolari n.575/2023 e n.6/2024) potrebbe subire modifiche in virtù di questa nuova obbligazione».
Interruzione della fornitura: quali sono gli obblighi
Quanto agli obblighi informativi in caso di interruzione della fornitura, Federfarma ha sottolineato che «in questi ultimi anni è stato sperimentato come la fornitura di numerosi dispositivi medici e diagnostici in vitro ha subito interruzioni nella supply chain. In determinati casi, in particolare se sono disponibili poche alternative o se non ve ne sono affatto, tali interruzioni sono in grado di causare un rischio di grave danno ai pazienti»: Dunque «per evitare tale problema, il Regolamento 2024/1860 impone ai fabbricanti l’obbligo di informare l’autorità nazionale competente, almeno 6 mesi prima della cessazione, in via temporanea o permanente, della fornitura di un dispositivo critico. Medesima informazione deve essere data ad operatori economici (incluse le farmacie), istituzioni e professionisti sanitari ai quali vengono garantite le forniture del dispositivo in oggetto». In tale direzione «la farmacia che viene a conoscenza della futura cessazione della fornitura di un dispositivo ha l’obbligo di informare dell’anticipata interruzione le istituzioni sanitarie ed i professionisti sanitari cui fornisce il dispositivo in questione». Infine, come spiegato da Federfarma, «l’informazione fornita dai produttori all’Autorità nazionale competente, relativa all’interruzione delle forniture, deve essere corredata dalle ragioni di tali interruzioni. Tali obblighi entreranno in vigore il 10 Gennaio 2025».
Rinvio per la ricertificazione dei diagnostici in vitro
Con riferimento al rinvio per la ricertificazione dei diagnostici in vitro, nel documento di Federfarma si legge che «l’approvazione del Regolamento in parola si è resa necessaria, in primo luogo, per evitare che i diagnostici in vitro messi sul mercato prima del 26 maggio 2022 (i c.d. “legacy”), in quanto conformi alla Direttiva n.98/79, non potessero essere più disponibili dopo il 26 maggio 2025, data entro la quale tutti i dispositivi di classe D (quelli con il rischio più alto) devono essere “ricertificati” ai sensi del Regolamento del 2017. I dispositivi di classe D sono utilizzati per verificare la presenza di infezioni nel sangue o negli organi donati, per appurare la presenza di malattie infettive potenzialmente letali o per il controllo del gruppo sanguigno causa trasfusioni». Inoltre «questo secondo rinvio, dopo quello operato nel 2022 (vedi ns. circ. n.85/2022 cit. in epigrafe), segue le motivazioni del precedente: la mancanza di un numero di “organismi notificati” sufficiente a ricertificate i diagnostici immessi sul mercato prima del 26 maggio 2022. Secondo quanto reso noto dalla Commissione Ue ad ottobre 2023, i dispositivi di classe D da ricertificare erano oltre 1.000, le domande pervenute 335 e i certificati rilasciati 117. Il problema nasce dall’esiguo numero di organismi notificati, ad oggi soltanto 12 di cui nessun italiano, rispetto ai 19 qualificati ad emettere certificati a norma della Direttiva del 1998». Queste le nuove scadenze per le ricertificazioni secondo le classi di appartenenza 31 dicembre 2027 per i legacy di classe D (4 % del mercato), 31 dicembre 2028 per i legacy di classe C (26 % del mercato), e 31 dicembre 2029 per i legacy di classe B (49 % del mercato) e sterili di classe A.
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