Nove italiani su 10 soffrono di disturbi gastrointestinali: tra i sintomi più frequenti il reflusso gastroesofageo, che accomuna oltre il 44% dei connazionali, seguito dal bruciore di stomaco (36,8%), dolore addominale (32,4%), gonfiore e meteorismo (28,1%), diarrea (27,1%), difficoltà digestive (25,7%) e stitichezza (25,4%). A riportare gli ultimi dati dell’Associazione Italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri (Aigo), Attilio Giacosa, docente e già direttore della struttura complessa di Gastroenterologia e Nutrizione clinica presso l’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova e gastroenterologo presso il Centro diagnostico italiano di Milano, nel suo intervento all’evento stampa di Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, intitolato “Dalla tavola al sistema immunitario: il ruolo del microbiota intestinale”.
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Il ruolo del microbiota intestinale per la salute gastrointestinale. I disturbi gastrointestinali non solo compromettono la salute dell’apparato digerente, ma possono avere ripercussioni anche su quello immunitario. Come evidenziato dal docente, ciò accade «a causa della presenza di batteri, l’80% del nostro sistema immunitario è localizzato nell’apparato digerente». Inoltre «l’insieme degli oltre mille miliardi di batteri, virus, funghi e miceti che, comunicando tra loro, agiscono come se fossero un unico organismo, si chiama microbiota intestinale, da non confondere con il “microbioma”, il quale indica, invece, il patrimonio genetico del microbiota». Secondo Giacosa «la differenza tra questi due termini è la stessa che c’è tra uomo e genoma umano: l’uomo nasce con circa 60mila geni, e quello che ci viene trasmesso dai nostri genitori è il genoma, che però da solo è insufficiente per la nostra sopravvivenza, sebbene svolga un ruolo importantissimo per la salute e per la difesa da moltissime malattie. Il microbiota coinvolge circa 400mila geni che costituiscono il genoma “variabile”, che interagisce con noi e partecipa alla gestione della nostra salute o malattia».
Adattamenti in risposta a situazioni fisiche ed emozionali. Lo sviluppo del microbiota avviene nei primi anni di vita ed è profondamente influenzato dal contatto con la madre e con tutto ciò che ci circonda. Giacosa ha osservato che «durante il parto, il passaggio attraverso il canale vaginale pone il neonato a contatto con i batteri presenti nell’ambiente e, successivamente, con quelli della pelle della madre e di tutto ciò che tocca. A seguire, l’allattamento al seno contribuisce a fornire ulteriori batteri benefici al neonato. Molti sono, oltre a questi, i fattori che intervengono nella creazione del microbiota, tra cui, innanzitutto, l’alimentazione, e poi, fra gli altri, i farmaci (soprattutto gli antibiotici), le ore di sonno e l’attività fisica». A titolo di esempio, come osservato dal docente, «il microbiota di un bambino subisce adattamenti significativi in risposta alle situazioni fisiche ed emozionali che si creano dopo la sua nascita e, con lo sviluppo iniziale, questa modulazione del microbiota, chiamato, appunto, “adattoma”, si sviluppa in modo critico “pro-infiammatorio” se il bambino incontra difficoltà alimentari, fisiche o psicologiche mentre si attenua, invece, quando il bambino cresce e sembra stare bene. Tuttavia, se il bambino o l’adulto si troverà successivamente di fronte a difficoltà, questo “adattoma” può riattivarsi in modo esplosivo, stimolando eccessivamente la risposta immune e contribuendo allo sviluppo di stati di malattia di vario tipo con coinvolgimento di patologie digestive o extra-digestive, come l’obesità o stati neuropatologici quali la depressione o malattie autoimmuni o, verosimilmente, cancro. Questo fenomeno è riconducibile al ruolo chiave del microbiota nelle interazioni mente-corpo, evidenziando l’importanza dei primi anni di vita e delle esperienze iniziali nella formazione del microbiota e nel suo impatto sulla salute a lungo termine».
Come mantenere una salute intestinale ottimale. I «batteri buoni» e i «batteri cattivi» non sono sempre facili da definire, «se non in casi particolari come i cosiddetti fermenti lattici (lattobacilli e bifidobatteri) che appaiono molto “salutisti” e, ad esempio, il clostridium difficile che è, al contrario, estremamente patogeno», afferma Giacosa. «Definire un “microbiota ottimale” o “microbiota salutare” è ancora un compito difficile e in fase di decodifica, ma fondamentale è acquisire il concetto di eubiosi intestinale, ovvero di equilibrio fra le varie componenti del microbiota. Studi recenti identificano batteri con effetti pro-infiammatori e antinfiammatori, entrambi presenti nel nostro organismo. L’infiammazione è un elemento sempre più rilevante, collegato a patologie cardiache, degenerazione vascolare, cancro e processi di invecchiamento, rendendo, quindi, il microbiota un fattore di estrema importanza».
Il ruolo dei mediatori. La dieta mediterranea gioca un ruolo decisivo nel plasmare favorevolmente o meno il microbiota. Giacosa osserva che «un elemento chiave in questo contesto è rappresentato dalla ricchezza in fibre soprattutto quelle solubili, molto fermentabili, come l’inulina presente in cicoria, aglio e cipolla. Questi prodotti sono tipici della dieta mediterranea e apportano grandi benefici al microbiota. Anche la pectina, abbondante in vari frutti come la mela, svolge un ruolo significativo. Queste fibre interagiscono con il microbiota attraverso processi fermentativi, generando sostanze di grande importanza. Infatti, un aspetto cruciale è rappresentato dai mediatori, ovvero da sostanze prodotte dal metabolismo di batteri del microbiota. Tra questi spicca il ruolo degli acidi grassi a catena corta (Scfa), che fungono da combustibile per vari batteri benefici del microbiota e sono essenziali per il nutrimento delle cellule dell’epitelio intestinale e, quindi, per l’integrità della barriera intestinale».
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