«Personalizzare l’approccio affinché la terapia sia davvero cucita su misura in base alle diverse patologie e al singolo paziente. È questo il principale orizzonte della ricerca quando si parla di trapianto di microbiota fecale (Fecal Microbiota Transplantation – FMT), pratica medica finalizzata a ristabilire una condizione di simbiosi fra microbiota e ospite». Si tratta di una tecnica menzionata nell’ambito del convegno Sif «Nuove strategie terapeutiche per il trattamento delle patologie algiche intestinali», a Firenze 16 e 17 febbraio 2023. Nel dettaglio «consiste nell’isolare e purificare il microbiota del donatore sano a partire dalle sue feci, per poi trasferirlo al paziente al fine di correggere la condizione di disbiosi di cui è affetto (alterazione del microbiota)». Gli esperti hanno evidenziato che «se oggi questo tipo di trapianto è approvato solo per la terapia dell’infezione da Clostridium difficile (batterio altamente resistente all’antibioticoterapia), sono in corso numerosi studi per la valutazione della sua efficacia in un’ampia gamma di patologie che va ben oltre l’area della gastroenterologia».
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Trattamento delle patologie intestinali e dolore viscerale
Nella prima giornata della due giorni fiorentina è emerso che «per quanto riguarda il trattamento delle patologie intestinali e del relativo dolore viscerale, il trapianto di microbiota emerge come un utile strumento sia per trattare la malattia che per ridurre il dolore, bersagli difficilmente raggiunti dalle terapie attualmente disponibili». Secondo Lorenzo Di Cesare Mannelli, docente presso l’Università di Firenze, «i risultati, sebbene preliminari, degli studi condotti sino a oggi suggeriscono una possibile utilità del trapianto di microbiota fecale nelle infezioni multi-resistenti, nel caso di malattie gastrointestinali, disturbi metabolici, patologie neurologiche e tumori».
Necessari ulteriori approfondimenti
Ciò nonostante, evidenzia Di Cesare Mannelli, «le prove di efficacia e sicurezza disponibili sono ancora limitate e richiedono ulteriori approfondimenti, prima di poter formulare raccomandazioni circa l’utilizzo del trapianto fecale in contesti diversi rispetto all’infezione da Clostridium difficile. Negli ultimi anni gli studi sul trapianto fecale sono aumentati rapidamente, restituendo risultati promettenti, sebbene variabili. La ricerca è ancora agli inizi e diverse sono le questioni da chiarire».
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