Come è noto, l’articolo 15, comma 2, della legge 135/2012, recante «Disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica» prevedeva che la riforma dell’attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva, in favore di uno nuovo, sia da definire con un decreto del ministero della Salute, di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze, previa un’intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Ciò anche sulla base di un accordo tra le associazioni più rappresentative della categoria e l’Agenzia italiana del farmaco, per gli aspetti di competenza della medesima agenzia. Qualora non si fosse provveduto a siglare un accordo nei termini stabiliti da tale legge, il ministero della Salute, con i ministeri competenti, la Conferenza Stato-Regioni e le commissioni parlamentari, avrebbero proceduto autonomamente nella definizione di un nuovo accordo di remunerazione, escludendo di fatto tutte le associazioni della filiera, nonché l’Agenzia italiana del farmaco. Tale possibilità si è palesata quando, nel decreto Decreto Milleproroghe 2018, non è stato incluso alcun riferimento alla proroga dei termini della possibilità di rinnovo della remunerazione di concerto con le rappresentanze della filiera.
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Vista la situazione, le associazioni di categoria, in primis Assofarm, ma anche Adf, si sono fatte promotrici di un’iniziativa comune con l’obiettivo di aprire un tavolo di discussione al fine di giungere ad una proposta concreta da presentare ai ministeri competenti. Allo stato attuale, non vi sono sostanziali novità rispetto a quanto emerso in precedenza, se non, di tanto in tanto, la presa di posizione di Assofarm, che affida ai suoi dirigenti la pubblicazione di aggiornamenti più o meno regolari sullo stato delle trattative. Nel caso in oggetto, Venanzio Gizzi, presidente dell’associazione, ribatte ad una posizione emersa su un giornale di settore, sottolineando che «è semplicemente irrealistico affermare che la riforma della remunerazione sia un non-problema e che invece ci si debba concentrare su una soluzione che preveda un contributo delle aziende farmaceutiche e della filiera distributiva, sul modello del pay-back, per ridurre il costo dei farmaci erogati a carico del SSN, mantenendo invariato il prezzo al pubblico e riducendo il ricorso alla distribuzione diretta».
A tal proposito Gizzi sottolinea che i promotori di una remunerazione il cui valore sia basato esclusivamente sul prezzo del farmaco, debbano essere altresì consapevoli che stanno negando «il percorso politico e culturale che il nostro settore ha fatto negli ultimi anni». Nello specifico, «un percorso totalmente incentrato sull’emancipazione del farmacista dal ruolo di “negoziante con la laurea” (epiteto con il quale vengono spesso apostrofati i farmacisti dai molti nemici della categoria) e verso uno status di piena integrazione nel SSN attraverso la definizione di ruoli e compiti suoi specifici». Gizzi ribadisce inoltre che «le farmacie italiane da tempo portano avanti una battaglia comune per la riduzione al minimo indispensabile della distribuzione diretta. Di tale modello distributivo non si contesta l’obiettivo, civicamente legittimo, dello Stato a ridurre la spesa farmaceutica, quanto piuttosto il fatto che esso presenti costi occulti che gravano sul cittadino e sul sistema nel suo complesso. Oggi sarebbe del tutto irresponsabile e sostanzialmente inutile chiedere allo Stato una qualunque azione di riforma basata su un aumento della spesa che non sia correlato al fisiologico incremento del Fondo sanitario nazionale».
Ciò anche alla luce del fatto che, spiega il dirigente, «la proposta di nuova remunerazione portata avanti dalle farmacie italiane non intende intralciare lo sviluppo ormai consolidato della dpc che coniuga il risparmio per il sistema con i vantaggi derivanti dal potenziale di prossimità del presidio territoriale». Da qui, il messaggio di Venanzio Gizzi alla filiera: «Vorrei rasserenare gli animi del resto della filiera. Nessuno ha mai pensato di ritoccare i margini dell’industria. Ci siamo sempre concentrati su altri elementi che concorrono al costo finale. La nuova remunerazione dovrà reggersi anche con l’apporto economico scaturito dalla presa in carico del paziente capace di offrire migliore assistenza riducendo così altri costi sanitari, e per questa ragione meritevole di essere remunerato. Una proposta che quindi non mette in discussione l’attuale sistema dei prezzi dei farmaci».
Gizzi evidenzia infine che «se è questo il punto di vista delle farmacie italiane, la questione dei farmaci, acquistati in toto dal Ssn e distribuite dalle farmacie territoriali, è del tutto benvenuto se mantiene e valorizza il ruolo professionale del farmacista, in termini di dispensazione dei farmaci, monitoraggio del paziente e verifica dell’aderenza alla terapia». «La farmacia italiana – conclude -, e in generale tutta la filiera del farmaco, oggi non può permettersi di indebolire il fronte comune faticosamente costruito a favore della nuova Remunerazione. La tentazione da evitare è quella di sperare che esistano alternative possibili a politiche di efficientamento sanitario del rapporto tra farmacista e paziente».
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