I parlamentari Monica Ciaburro, Maria Cristina Caretta, e Marcello Gemmato, quest’ultimo farmacista, tutti appartenenti al gruppo Fratelli d’Italia, hanno presentato un’interrogazione parlamentare a risposta orale all’indirizzo del ministro della Salute, chiedendo chiarimenti relativi all’effettiva sostenibilità delle farmacie rurali. In particolare, si legge nel testo, «se il Ministro (…) intenda porre in essere al fine di scongiurare la chiusura di questi vitali “presidi sanitari”, in modo tale da continuare a garantire un servizio pubblico così essenziale nei piccoli comuni del territorio». Ciò alla luce del fatto che, spiegano i parlamentari, «nelle zone di montagna e periferiche, nonché geograficamente disagiate, le farmacie e i dispensari farmaceutici costituiscono un importante punto di riferimento che offre un servizio pubblico sociale indispensabile per la popolazione ivi residente».
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Nello specifico, l’interrogazione specifica che le farmacie rurali, «quelle situate in centri con meno di 5.000 abitanti, che ad oggi sono circa 6.800 (un terzo del totale delle farmacie del territorio italiano), svolgono un’importante funzione sociale per circa 10 milioni di cittadini, in quanto rappresentano spesso l’unico presidio sanitario esistente sul territorio. Equamente divise in tutta Italia, circa 2.000 si trovano in comuni sotto i 1.500 abitanti, che servono 2 milioni di persone, in genere anziani e persone a basso reddito».
I parlamentari esprimono inoltre preoccupazione sulla base dell’allarme «lanciato dal sindacato dei farmacisti rurali di Federfarma e da Federanziani», relativo a «molte delle farmacie sopracitate, il cui lavoro risulta essere indispensabile per i comuni montani, rurali e delle isole minori, rischiano di non poter proseguire la propria attività in ragione a problematiche riferite al fatturato e alla gestione». «Le cause della crisi che stanno affrontando le “farmacie rurali” – si legge – vanno individuate sia nel progressivo spopolamento delle zone e dei comuni nel quale operano, sia nel calo della spesa farmaceutica convenzionata, e quindi nella conseguente impossibilità delle farmacie di erogare i medicinali dispensati dal servizio sanitario nazionale».
In aggiunta, secondo gli interroganti «la chiusura delle “farmacie rurali” priverebbe i soggetti più fragili dei servizi fondamentali di prevenzione, assistenza e supporto che queste strutture forniscono in aree delicate del nostro Paese». Infatti, spiegano, «i malati cronici e gli anziani rischiano di essere abbandonati a loro stessi, privati di un punto di riferimento per la loro salute, e sarebbero per questo costretti, in condizione di salute precaria, a fare chilometri di strada per una terapia o un medicinale». Per questo motivo, concludono, «è impossibile permettere che un servizio così essenziale per la popolazione venga depotenziato. Occorre dunque individuare soluzioni che consentano non solo la sopravvivenza, ma anche il potenziamento del servizio garantito dalle farmacie in comuni e in borghi dove spesso mancano gli ambulatori medici e i servizi essenziali».
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