Il risparmio non è tutto. Anzi, esso non può essere il primo obiettivo soprattutto quando si tratta di salute e, dunque, nel caso della dispensazione di farmaci. Per questo, le richieste avanzate dalle parafarmacie o dalle catene di supermercati, che da tempo chiedono che venga liberalizzata la vendita dei medicinali di fascia C, non dovrebbero essere accolte.
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Si può sintetizzare con queste parole il pensiero di un dirigente di Azienda sanitaria locale, che ha scritto a FarmaciaVirtuale.it con l’obiettivo di «ribadire il ruolo delle farmacie pubbliche e private di fronte alle proteste incessanti dei titolari di parafarmacia e dei supermercati». Come noto, infatti, in occasione delle discussioni che hanno preceduto l’approvazione della legge sulla Concorrenza, le varie anime della categoria dei farmacisti si sono divise fortemente sul tema. Nello scorso mese di maggio, ad esempio, si è registrato un botta e risposta tra il presidente della Fofi Andrea Mandelli e i dirigenti del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti e della Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane, Fabio Romiti e Matteo Branca. Con il primo che aveva ricordato: «Sulla base dell’orientamento di tutta Europa, il nostro Consiglio nazionale ha ritenuto che il farmaco soggetto a prescrizione debba restare esclusiva delle farmacie convenzionate con lo Stato».
Mentre i secondi avevano ribadito le argomentazioni a favore della liberalizzazione, a cominciare dal fatto che a dispensare il farmaco sarebbe comunque un farmacista laureato ed abilitato, il che dovrebbe tutelare in ogni caso la salute pubblica. Ma, prosegue il dirigente di Asl, «se il sistema impone norme così precise per l’apertura di una farmacia, compresi il concorso e l’acquisto a costi altissimi, mi sembra evidente che non si possano equiparare i compiti che hanno altri soggetti privati che tanto sbandierano il presunto risparmio per le istituzioni e per i cittadini. Infatti l’apertura di nuove parafarmacie o di angoli parafarmaceutici nei supermercati è praticamente libera, con le conseguenze spiacevoli che possiamo immaginare». Di qui la conclusione alla quale giunge il lettore: «Occorre, prima di concedere equiparazioni di ruolo, rivedere tutto il sistema, anche quello relativo alla produzione e commercializzazione del farmaco».
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