«Non sono state apportate grandissime modifiche al Codice deontologico della professione da parte del Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, ma ci sono alcuni miglioramenti». È questa l’opinione di Maurizio Cini, docente presso l’università di Bologna e presidente dell’Asfi, in merito al testo che è stato approvato il 7 maggio 2018. «È stata ad esempio migliorata – spiega – la parte che riguarda la riconoscibilità del professionista. Ora il testo dell’articolo 7, capo II, recita: “Nell’esercizio dell’attività professionale al pubblico il farmacista ha l’obbligo di indossare il camice bianco unitamente al distintivo professionale e ad un tesserino identificativo con indicazione del nome, del cognome, nonché del numero di iscrizione all’Albo e dell’Ordine di appartenenza. Il distintivo può essere integrato anche nel tesserino identificativo”. Si tratta di un passo in avanti importante. Inoltre, anche i tirocinanti dovranno indossare il camice bianco, e un tesserino identificativo recante la relativa qualificazione». Secondo Cini è poi positivo il fatto che al primo comma dell’articolo 3 si spieghi che «nel rispetto del principio costituzionale di uguaglianza il farmacista deve assicurare, con diligente professionalità, la presa in carico di ogni paziente, senza alcuna discriminazione, e perseguire il principio di universalità del Servizio Sanitario nella tutela della salute». Inoltre, all’articolo 10 viene specificato che «il farmacista concorre alla tutela della salute pubblica attraverso una puntuale osservanza delle norme di farmacovigilanza, provvedendo alla segnalazione di ADR alle autorità competenti»; inoltre, al secondo comma, si indica che il professionista «pone in essere ogni utile iniziativa professionale volta ad assicurare l’aderenza alle terapie farmacologiche, contribuendo a garantire un maggiore livello di efficacia delle medesime a tutela della salute del paziente e di un corretto governo della spesa del Servizio Sanitario Nazionale». Secondo il docente bolognese anche in questo caso il riferimento all’aderenza terapeutica è un passo in avanti, «ma a condizione che le farmacie siano poste nelle condizioni di farlo. Va ricordato che hanno un ruolo anche le Regioni e le Asl, per cui la realtà è che tutto dipende da accordi presi a livello locale. Una delle Regioni che sembrano più avanzate è la Lombardia, ma per ora non c’è un traguardo in vista a livello nazionale». Altro passaggio particolarmente su cui riflettere, secondo Cini, è quello che riguarda l’articolo 21, in materia di “Comportamenti disdicevoli nei rapporti con colleghi e collaboratori”: «La sanzionabilità di chi sfrutta i collaboratori è rimasta pressoché inalterata. Sul punto però occorrono ulteriori sforzi. Come noto, è stato raggiunto un accordo nel 2017 alla Conferenza Stato-Regioni, che impone che “non si possono attivare tirocini in favore di professionisti abilitati o qualificati all’esercizio di professioni regolamentate per attività tipiche ovvero riservate alla professione”. Tuttavia, questa pratica è ancora in essere in numerose Regioni. Il fenomeno è calato a livello nazionale, ma dunque non debellato, poiché servono degli atti da parte delle amministrazioni regionali. Ed è bene non abbassare la guardia».
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