La questione di una possibile riforma dell’Enpaf è stata al centro di un incontro tra l’Associazione dei farmacisti non titolari (Conasfa) e i vertici dello stesso ente previdenziale. La federazione ha espresso «il proprio apprezzamento per il lavoro di riforma svolto dall’ente e nell’apprendere che sono state accolte praticamente tutte le sue richieste, a partire dalla tutela dei farmacisti dipendenti, già svantaggiati dalla doppia contribuzione obbligatoria, ed i colleghi con attività lavorativa “saltuaria” e/o con contratti di breve durata».
Secondo la Conasfa, infatti, «con il modello proposto si riduce l’impatto che l’Enpaf ha sulle retribuzioni dei più deboli, come i lavoratori part time, o per brevi sostituzioni. Verrebbe anche rispettata la volontà di chi ha deciso di non iscriversi alla previdenza dell’ente con la possibilità di continuare a versare il contributo di solidarietà. Le nostre richieste sono state evidentemente giudicate di buon senso e condivisibili. Siamo convinti che nel momento in cui questa riforma andrà a regime saranno risolte molte delle criticità che oggi gravano sui farmacisti non titolari, anche se il nostro obiettivo rimane l’abrogazione dell’obbligo della doppia contribuzione».
Anche il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti ha avanzato le proprie proposte di riforma, contenute in un documento intitolato “Un nuovo modello previdenziale”. In particolare, alcune correzioni sono state giudicate «urgenti». La prima riguarda il contributo di solidarietà: «Esso è completamente a “fondo perduto”, pur concorrendo a contribuire agli anni d’iscrizione all’ente non è utile all’iscritto per maturare il diritto alla pensione. Tale contributo deve poter esser almeno deducibile in termini fiscali». Per quanto concerne la disoccupazione, si chiede poi una «riduzione del contributo di solidarietà all’1% per tutti i farmacisti disoccupati, anche per quelli che si sono iscritti all’ordine prima del 2004, per i primi 5 anni. Se permane lo stato di disoccupazione, si passerà al contributo di solidarietà al 3% per gli anni successivi ai primi cinque anni, senza scadenza temporale». In materia di contratti a termine, precariato e lavoro, il MNLF sottolinea che «i lavoratori con contratti con una durata inferiore a sei mesi/anno non riusciranno mai ad avere diritto alla pensione (20 anni di attività professionale e 30 di versamenti) e non potranno vedersi restituiti i contributi versati dopo il 2003». Si propone perciò di «abilitare anche per questi lavoratori la possibilità di optare per la restituzione graduale di quanto versato, se insufficiente a maturare le condizioni per accedere alla pensione». Infine, sul tema di parafarmacie e di farmacie rurali, l’idea avanzata dal Movimento è di «concedere ai titolari di questi esercizi, a fronte di motivata e documentabile situazione economica precaria, la possibilità di accedere alla contribuzione ridotta per l’anno fiscale considerato».
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