«La misura è purtroppo diversa da quella che avevamo sollecitato in favore dei colleghi che da anni operano nelle zone rurali e attendono i concorsi per spostarsi». È con queste parole che la presidente del Sunifar Silvia Pagliacci ha commentato l’approvazione, all’interno del disegno di legge Lorenzin, di un emendamento presentato da Rosanna Scopelliti, secondo il quale «il punteggio massimo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto del presidente del Consiglio dei ministri, 30 marzo 1994, n. 298 è da intendersi comprensivo dell’eventuale maggiorazione prevista dall’articolo 9 della legge 8 marzo 1968, n. 221». In pratica, dunque, non potrà essere sforato il limite complessivo di 35 punti attribuibili a ciascun candidato, al contrario di quanto indicato dal Consiglio di Stato in una sentenza divenuta ormai celebre.
«L’Avvocatura dello Stato, alla quale il ministero ha chiesto il parere – prosegue la dirigente del sindacato dei farmacisti rurali – ha infatti ritenuto di confermare tale interpretazione anche nel caso del concorso straordinario in quanto, diversamente, si sarebbero creati problemi ancora più gravi, con una esplosione di ricorsi e con la necessità di rimettere tutto in gioco, intervenendo anche su sedi farmaceutiche che sono state appena assegnate o già aperte. Le cose sarebbero probabilmente andate in modo diverso se, quando è stato indetto il cosiddetto “concorsone”, la precedente dirigenza di Federfarma fosse intervenuta fin dalla fase iniziale della procedura». Silvia Pagliacci punta dunque il dito contro la presidenza dell’epoca, guidata da Annarosa Racca. «Nelle ore seguenti l’approvazione del Ddl Lorenzin – ha aggiunto – insieme al presidente Marco Cossolo ho incontrato i vertici ministeriali per sottolineare come la norma penalizzi i colleghi rurali, e i responsabili del dicastero ci hanno assicurato di voler continuare nella collaborazione con noi avviata per elaborare misure in favore della ruralità». Il provvedimento dovrà ora tornare al Senato per una nuova lettura, dal momento che a Montecitorio sono state approvate modifiche rispetto al testo licenziato da Palazzo Madama.
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