«Le farmacie comunali chiedono da anni una riforma del sistema di remunerazione, non tanto per aumentare la nostra redditività. Per noi i numeri di bilancio sono qualcosa di puramente strumentale alla realizzazione di ben altro. Questo “ben altro” è perfettamente illustrato dalla vicenda delle comunali Afam di Firenze». A spiegarlo è un editoriale pubblicato sul notiziario di Assofarm dal segretario generale Francesco Schito, nel quale viene elogiata l’azienda toscana come esempio virtuoso. «In passato – scrive il dirigente – abbiamo già avuto modo di illustrare come gli utili di esercizio prodotti dalle nostre imprese si traducano in risorse economiche a disposizione dei comuni per la realizzazione di servizi di pubblica utilità (l’ultima analisi che abbiamo effettuato, nel triennio 2010-2012, ha rilevato un valore complessivo di 150 milioni di euro per le casse comunali italiane). Ora invece l’esempio fiorentino dimostra che le farmacie comunali realizzano progetti sociali in maniera diretta e sostengono il non-profit locale. È il caso dei voucher-bebè, di medicinali e prodotti per la salute distribuiti alle famiglie meno abbienti, fino ai servizi di mediazione culturale e informazione sanitaria per i cittadini stranieri residenti». Schito sottolinea poi che «lo sviluppo dei servizi in farmacia ricorda ai cittadini (e forse anche alle istituzioni) che la salute è qualcosa di molto più complesso che prendere una medicina quando si sta male. Richiede invece prevenzione, costante manutenzione del proprio benessere, massima attenzione al percorso terapeutico quando necessario. Le farmacie italiane possono fornire un formidabile sostegno a tutto ciò anche in forza della loro vicinanza fisica alla quotidianità dei cittadini. Anche in questo caso, non esiste nessun altro soggetto sanitario che presenti una caratteristica simile». Il segretario di Assofarm si pone perciò due domande: «Quanto più si potrebbe fare se venissero realizzate riforme del sistema di remunerazione che invochiamo da anni? E se questo sistema remunerativo fosse connesso non solo alla mera dispensazione del farmaco, ma ad un nuovo sistema di presa in carico del paziente, quanto la stessa attività del farmacista in sé potrebbe supportare quella “salute” delineata dal presidente di Afam?». L’associazione di categoria si dice in questo senso «pronta per una riforma dettagliata nei percorsi operativi e nei numeri», sulla base di un modello articolato su tre aree di attività. Il primo è la dispensazione: «Si propone una forma di remunerazione “mista”, dove per la dispensazione in convenzione sarà corrisposta una percentuale fissa commisurata al prezzo ex-factory del farmaco dispensato, per la dispensazione in DPC una percentuale o una fee sulla base del modello regionale e locale di remunerazione, mentre supplementi saranno previsti per le dispensazioni notturne, in emergenza e a domicilio». In secondo luogo il sostegno al self-care: «Remunerazione forfettaria (rinegoziata ogni 2 anni in sede di accordo locale) per l’educazione sulla corretta assunzione di farmaci OTC e per prestazioni professionali inerenti patologie minori (come tosse, raffreddore, bruciore di stomaco, mal di schiena, ecc.)». Infine il miglior uso dei farmaci: «Una fee per confezione settimanale e per confezione mensile remunererà la composizione personalizzata della terapia, mentre per la consulenza alla prima dispensazione di un nuovo medicinale a paziente cronico si immagina l’adozione di range di remunerazione simili a quanto oggi accade nel Regno Unito (£33.11- £46.36 sulla base del numero mensile di pezzi che riceve la prestazione nella farmacia)». Il sistema, secondo Assofarm, permetterebbe di realizzare due obiettivi: «Prima di tutto quello di avere le risorse economiche necessarie ad essere sempre più protagonisti dello sviluppo sociale delle nostre comunità locali, uno sviluppo che certamente passa per una maggiore tutela della salute ma che non si esaurisce in essa. In secondo luogo, una nuova, più moderna e sfidante, relazione con tutti gli altri soggetti sanitari locali, al fine di integrare il farmacista nei più complessi sistemi terapeutici».
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