Il presidente di Assofarm, Venanzio Gizzi, è tornato ad affrontare la questione della Dpc, in un editoriale pubblicato sul bollettino di informazione dell’associazione. «Nelle ultime settimane hanno preso avvio entrambi i tavoli istituzionali di confronto che si erano prospettati: uno coordinato da Aifa in seno ad un più ampio gruppo di lavoro voluto dal ministero per lo Sviluppo Economico, l’altro stimolato dalla Sifo. È stato proprio durante un incontro del gennaio scorso al Mise che l’intero dibattito ha subìto un’improvvisa accelerazione, registrando da più parti istituzionali la necessità di riconsiderare alcuni contenuti della legge 405 del 2001».
«Prima – prosegue il dirigente – la responsabile del servizio farmaceutico della Regione Veneto Giovanna Scroccaro ha affermato che col passare degli anni il Pht ha subìto un’alterazione di quei principi per cui era nato, poi il suo collega della Regione Piemonte Loredano Giorni ha rimarcato la convinzione che il Pht avesse bisogno di “fare il tagliando”. Assofarm concorda con chi rileva questa necessità. Il Pht è uno strumento che ha avuto e può avere ancora oggi una sua ragion d’essere, a patto che lo si utilizzi come strumento di continuità terapeutica tra degenza ospedaliera e periodo immediatamente successivo alla dimissione, e come strumento di sorveglianza epidemiologica dei nuovi farmaci. Se invece ancora oggi il prontuario contempla farmaci inseriti sedici anni fa senza che siano mai passati ad essere fascia A, e se la sua operatività si estende lungo tutta la terapia farmacologica del paziente, allora qualcosa non ha funzionato in termini di revisione dei farmaci ammessi e di relazione ospedale-post degenza». Gizzi sottolinea poi come la Scroccaro abbia «aperto ad interessantissime prospettive per la pharmaceutical care: il trasferimento di rilevanti quote di farmaci nella Dpc, con conseguenti riforme del sistema di remunerazione delle farmacie territoriali, offrirebbe l’occasione per mettere a sistema ed efficientare anche l’attuale galassia di leggi e fondi sui programmi di prevenzione ed educazione sanitaria, che spesso si perdono poi nei mille rivoli dei bilanci regionali. La risposta a ciò potrebbe essere un maggiore considerazione per programmi di aderenza terapeutica, di assistenza domiciliare e di prevenzione nei quali le farmacie potrebbero giocare un ruolo primario». «Lunedì scorso – prosegue il presidente di Assofarm – la Fofi ha ospitato il primo incontro tra Sifo, Federfarma, Assofarm, i distributori intermedi e Cittadinanza Attiva: filiera distributiva e cittadini riuniti insieme per costruire un sistema di criteri corretti e condivisi attraverso i quali analizzare quale dei sistemi distributivi sarà il più appropriato per ogni contesto geografico e sociale. La direzione scientifica dei lavori è affidata alla Scuola Sant’Anna di Pisa. Tutti i partecipanti hanno subito condiviso due punti fermi dei prossimi lavori: ogni soluzione raggiunta dovrà essere compatibile con il principio di sostenibilità economica del sistema sanitario nazionale, alcuni tipi di farmaci verranno comunque distribuiti unicamente dalle farmacie ospedaliere». Lo scontro arriverà probabilmente sul “come” realizzare il tutto. Ma Gizzi spiega che l’avvio del tavolo è già motivo di soddisfazione, sebbene si chieda: «Riuscirà a passare la nostra idea secondo la quale la distribuzione per conto riunisce in sé i vantaggi della diretta (scontistiche di acquisto che le Asl applicano all’industria) con quelli di una dispensazione geograficamente più prossima alla vita del paziente?».
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