farmacia socialeFarmaciaVirtuale.it ha pubblicato un botta e risposta in merito alla registrazione del marchio “farmacia sociale”, tra Alfredo Orlandi, presidente di Sunifar, il sindacato delle farmacie rurali, e Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, che riunisce le farmacie comunali. Quest’ultimo è tornato sulla questione, spiegando che «le affermazioni di Orlandi mi obbligano ad una risposta che davvero non avrei mai creduto di dover fare».
Il dirigente di Assofarm spiega di aver utilizzato «toni sereni e rispettosi nello spiegare che il marchio “farmacia sociale” è utilizzato dalla nostra associazione da decenni, per sottolineare la natura delle farmacie comunali. Non a caso aderiamo all’Unione europea delle Farmacie sociali, con sede a Bruxelles, che si occupa di salvaguardia del profilo sociale delle farmacie comunali e popolari europee. Mi limitavo dunque a ribadire un fatto noto, e assumevo una posizione collaborativa, invitando Sunifar ad un confronto». Gizzi, insomma, dichiara che il suo obiettivo era quello di sedersi attorno ad un tavolo, sulla base della convinzione che la parola “sociale” «rimanda ad una visione del mondo che non può mai contenere approcci né esclusivi, né tantomeno escludenti».
«I toni delle dichiarazioni del dottor Orlandi riportate da FarmaciaVirtuale.it mi lasciano interdetto. I nostri rapporti in passato sono stati sempre impostati sulla reciproca stima. Credo che dovremmo mantenere il livello di confronto su questo livello qualitativo anche oggi», prosegue il presidente di Assofarm. Che sottolinea come sia innegabile il ruolo sociale svolto dalle farmacie rurali: «Non dubitiamo della buona fede del dottor Orlandi quando leggiamo che l’obiettivo della registrazione del marchio non è di escludere altri ma di sensibilizzare sul ruolo e le difficoltà delle rurali. Ma è certo che una volta “privatizzato” il nome, i rapporti di forza all’interno di un dibattito sarebbero così squilibrati che quello stesso confronto potrebbe cessare al volere di una sola sua parte».
Gizzi, infine, suggerisce «pur senza intenti polemici, di fare una piccola ricerca su chi per primo, anni addietro, ha introdotto in Italia il concetto di farmacia sociale. Noi non ci siamo mai sentiti in diritto di fare nostro e solo nostro tale marchio, per cui oggi fatichiamo a digerire l’obbligo di non poterne fare più uso. Perciò, se da un lato rimaniamo aperti al confronto, dall’altro ogni azione tesa a privarci della possibilità di usare il nostro storico marchio sarà perseguita nelle sedi opportune».

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