Le prescrizioni mediche, come noto, diventano elettroniche. Ma perché tutto il sistema vada a regime ci vorrà ancora del tempo. A riepilogare a FarmaciaVirtuale.it i problemi che occorre ancora affrontare è Giovanni Petrosillo, amministratore delegato di Promofarma. «La ricetta elettronica – spiega – ha ormai validità nazionale. Ma ci sono alcune questioni aperte. Se un cittadino residente ad esempio a Napoli si reca in una farmacia a Bergamo per acquistare un medicinale, in teoria il farmacista lombardo, leggendo il codice fiscale del paziente, dovrebbe vedere nel sistema la ricetta prescritta da un medico napoletano. In realtà questo per ora non è tecnicamente possibile, perché il farmacista non riesce a vedere sul programma tali informazioni».
«Noi abbiamo parlato con il ministero – prosegue il dirigente di Promofarma – spiegando che per ora noi leggeremo la prescrizione come una ricetta rossa cartacea, perché nel promemoria fortunatamente sono presenti tutti gli elementi necessari per individuare chiaramente il farmaco richiesto. Ma il problema riguarda le esenzioni, perché ogni regione ha le sue quote. Nonché i suoi sistemi e i suoi codici. E non è detto che sia sempre possibile decifrarli in ogni parte d’Italia. Per cui noi aspettiamo alcune specifiche che dovranno essere pubblicate. Ma, prima di tutto, ciò che è necessario è che le regioni comunichino le loro tabelle di esenzioni alla Sogei, che a sua volta dovrà predisporre il sistema centrale di accoglienza delle prescrizioni dei medici, in modo tale che quando la farmacia leggerà la ricetta, potrà applicare l’esenzione della regione di provenienza del paziente».
Ma non è tutto: «Su alcuni problemi occorreranno particolari specifiche. È il caso ad esempio della provincia di Trento, dove non è presente il promemoria. Lì il cittadino deve solamente presentare la tessera sanitaria. Ebbene, come verrà trattato se si presenterà in una farmacia al di fuori dei confini della provincia autonoma?». Insomma, perché l’intero sistema vada a regime, secondo Petrosillo ci vorranno ancora «almeno uno o due mesi».
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