farmacieuniteConad ci riprova. In realtà non ha mai smesso. Il colosso della distribuzione, in collaborazione con la Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane ha aperto una piattaforma telematica, www.liberalizziamoci.it, dalla quale invita la popolazione ad aderire a una petizione indirizzata alle principali cariche istituzionali del Paese contro la “contro liberalizzazione”. La campagna è diffusa anche a mezzo radiofonico, all’interno della programmazione Rai.
Da una parte fa quasi sorridere questo estremo tentativo di catalizzare l’attenzione su argomentazioni che sono state già escluse a più livelli e in diversi tempi, tuttavia l’insistenza a portare avanti una battaglia senza senso, produce una sensazione di fastidiosa provocazione. È come parlare lingue diverse. Chi è esperto di formaggi non può disquisire di farmaci, chi parla con i clienti non può rapportarsi con i pazienti. È una questione di opportunità, di pubblico e di formazione. Ma soprattutto di professionalità.
“Erodere terreni che non sono propri è una minaccia priva di buon gusto e di serietà, dato che i core business delle aziende sono sempre stati differenziati da una linea di demarcazione tanto netta e definita da non poter essere confusa con gli scaffali della GDO. È stato già ottenuto molto in passato (con Bersani e Monti) e la farmacia italiana non è più disposta ad essere scambiata per un pozzo di San Patrizio da cui poter attingere nei momenti di crisi” ha affermato in merito Franco Gariboldi Muschietti, presidente di Farmacieunite.
Il gioco dell’asso piglia tutto può funzionare a Natale, sul tavolo da gioco, ma non in una partita in cui si mette a rischio l’eccellenza della professionalità italiana. “Ricordiamo ancora una volta, non ci stancheremo mai di farlo”- continua Muschietti- “che la farmacia è storicamente il luogo deputato alla cura e alla dispensazione della salute. Il farmacista, fin da quando si chiamava speziale, si è fatto
strada nel cuore della gente, nel corso dei secoli, grazie all’unicità di una professione che crea il famoso e tanto decantato valore aggiunto, quell’eccellenza che ormai non si trova quasi più e che tutti noi andiamo a ricercare e a inseguire ovunque, memori del disastro globale che si sta impadronendo della società attuale, in nome di un’uniformazione massiva e spersonalizzante, mascherata presunta modernità”.
Dove vogliamo arrivare? Davvero siamo pronti a questo? I più intelligenti probabilmente no.
Perché, almeno noi, non siamo “persone oltre le cose”, come recita il claim di Conad, ma persone sopra le cose.

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