MongersenParla italiano Mongersen, un nuovo farmaco pensato per i pazienti con malattia di Crohn. È questo l’esito di un studio clinico multicentrico che porta la firma di un gruppo di ricercatori della Cattedra di Gastroenterologia dell’Università di Roma Tor Vergata. Coordinatore del gruppo di lavoro è il professor Giovanni Monteleone, Ordinario di Gastroenterologia all’università romana, che per più di dieci anni ha portato avanti ricerche sperimentali che hanno fornito le basi per l’ideazione e l’elaborazione del nuovo farmaco.
La notizia ha varcato presto i confini nazionali. La rivista The New England Journal of Medicine infatti, nell’ultimo numero del mese di marzo, ha pubblicato i risultati di uno studio di fase II, condotto per valutare l’efficacia del nuovo farmaco. Il medicinale in questione agisce sopprimendo in maniera selettiva la produzione di Smad7, ossia una proteina che si esprime a livelli elevati nell’intestino dei pazienti con morbo di Chron e che amplifica i processi infiammatori. La soppressione di tale inibitore dell’attività del Transforming Growth Factor-beta (un immunosoppressore intestinale) consentirebbe, stando alle ricerche, di ripristinare nell’intestino dei degenti i normali e fisiologici meccanismi antinfiammatori operanti nei soggetti sani.
I dati, al momento, sono confortanti. La sperimentazione clinica, che ha visti impegnati sedici centri in Italia e uno in Germania, ha chiamato in causa 166 pazienti con malattia di Chron attiva e resistenti ai trattamenti forniti con i tradizionali infiammatori. Il Mongersen è stato somministrato per due settimane al dosaggio di 10, 40,160 mg. I risultati hanno dimostrato che la cura si è rivelata efficace nell’80% dei pazienti. Oltre il 60%, inoltre, ha raggiunto uno stato di totale remissione clinica che è stata mantenuta per tre mesi, ovvero per tutto il periodo di osservazione. Buoni anche i riscontri in merito alla sicurezza del farmaco. Gli effetti indesiderati, infatti, sono stati per la maggior parte dei casi correlati alle complicanze e ai sintomi del morbo di Crohn.
Le conclusioni fin qui raggiunte rappresentano un buon punto di partenza per i nuovi studi di fase III, che verranno presto avviati in tutto il mondo e che, come dichiarato dallo stesso professor Monteleone sul sito istituzionale dell’università, coinvolgeranno un maggior numero di pazienti.
Complimenti al docente, al gruppo di ricerca e al Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università sono arrivati dal rettore di Tor Vergata Giuseppe Novelli che ha voluto sottolineare la qualità della ricerca condotta a Roma da un Ateneo che guarda con attenzione al programma di rientro dei cervelli finanziato dal Miur.
Adesso Mongersen aspetta la fase III.

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