investire in farmaciaCon il DDL concorrenza gli scenari del mercato potrebbero presto cambiare. In che direzione? A questi e ad altri quesiti hanno risposto Marcello Tarabusi e Giovanni Trombetta, dottori commercialisti dello studio Guandalini di Bologna, raggiunti da FarmaciaVirtuale.it.

[Per non perdere le novità di settore, iscriviti alla newsletter di FarmaciaVirtuale.it, nella tua email alle 7:00, dal lunedì al venerdì. Apri questo link]

DDL concorrenza. Quali sono i pro e i contro per le farmacie dell’immissione di capitali nel mercato?

L’analisi non può essere superficiale, e bisogna distinguere tra gli effetti potenziali degli strumenti giuridici innovativi (società di capitali, operatività anche fuori dalla provincia) e la vera e propria liberalizzazione della proprietà (ammissione di soci non farmacisti e soppressione del limite massimo di 4 farmacie).
I primi due punti sono certamente una innovazione da salutare con favore da parte di chiunque. L’idea di ammettere la forma giuridica almeno della s.r.l. (con soci farmacisti) era da tempo nell’aria, e il limite del territorio provinciale ha impedito a molte famiglie di farmacisti di razionalizzare la gestione delle proprie farmacie, solo perché ubicate in due province diverse. Oltretutto, se le province debbono essere soppresse, non aveva davvero senso mantenere in vita il limite.
Le riforme che aprono veramente alla creazione di catene e all’ingresso massiccio di capitali non riferibili ai farmacisti sono solo le ultime due, ossia l’eliminazione della figura del socio-farmacista (con direzione affidata a farmacista anche non socio) e del numero massimo di “licenze” per società. E su questi due punti le opinioni sono molto discordi.
Certamente la riforma potrebbe portare ad una ridefinizione del sistema concorrenziale. Nasceranno veri e propri category killer (le catene specializzate, come Ikea, Mediaworld, Leroy Merlin, Decathlon, che si contrappongono alle catene generaliste degli ipermercati). Nell’immediato, però, queste modificazioni non destabilizzeranno il sistema, anzi potrebbero portare una stagione di acquisizioni che farà lievitare i prezzi di alcune farmacie (quelle più appetibili, non tutte indiscriminatamente, perché il capitale è, come si dice con felice anglismo, molto choosy).
Ci sono paesi (ad es. Norvegia) dove in pochi anni le catene multinazionali hanno acquisito oltre il 90% del mercato; in altri paesi (ad es. Regno Unito) convivono catene e farmacie di comunità.
I farmacisti (che per la verità sino ad oggi hanno un po’ dormito, anche se con alcune lodevoli eccezioni) dovranno essere in grado di aggregarsi tra loro non solo per raggiungere una massa critica economica, ma anche per mantenere una visibilità come categoria di indipendenti. Le catene multinazionali, infatti, quando avranno raggiunto i volumi desiderati con una prima fase di acquisizioni, potrebbero essere tentate di fare pressione sul legislatore per una seconda deregulation, come avvenne nel 1998 con la liberalizzazione del commercio, che ha cambiato faccia all’intero settore al dettaglio.
L’argomento dei capitali riciclati è invece una esagerazione ad uso stampa: la criminalità organizzata è già oggi perfettamente in grado di investire tramite prestanome, e questo argomento ha una valenza solo retorica, ma francamente preferiamo parlare di aspetti più tecnici.
Ci sono però anche molti pro: anzitutto, come già accennato, si evita il crollo dei valori di avviamento che sarebbe derivato dalla soppressione della pianta organica.
Inoltre si aprono grandi opportunità di crescita e di aggregazione anche per i farmacisti, se sapranno coglierle. Non solo per creare catene, ma anche per superare le problematiche ereditarie, sistemare e riorganizzare le aziende di famiglia, strutturare meglio i propri piani finanziari e raccogliere anche benefici fiscali.
Qualcuno (finanziarie e grossisti) che in passato ha prestato molto male il proprio denaro sarà tentato di convertire i crediti inesigibili in quote sociali, scongiurando così le perdite latenti che oggi sono nascoste nei bilanci di molti operatori.
In estrema sintesi, pur evitando accuratamente il luogo comune ormai abusato dell’ideogramma cinese “crisi”, si può dire che nella SWOT analisys (analisi di strenght, weaknesses, opportunities and threats) della farmacia non entrano solo le “T” delle minacce, ma anche molte O di opportunità.

Società di capitali in farmacia sono una realtà in molti paesi UE. Spesso prevedono paletti e incompatibilità. Quali sono gli scenari possibili per l’Italia?

Anzitutto non va dimenticato che numerosi “anticorpi” a tutela della corretta gestione esistono già nella legge italiana.
Prima di tutto le incompatibilità di cui all’art. 8 della legge 362/91, che la Corte costituzionale ha ritenuto di generale applicazione. Certamente -sulla base del testo vigente, salvo modifiche nel percorso parlamentare- non potranno essere soci di farmacia i produttori di medicinali e, probabilmente, nemmeno i Comuni (in quanto già titolari di farmacia) potranno entrare direttamente nelle società titolari di farmacie private.
Secondo i principi generali del diritto societario, le incompatibilità dovrebbero valere anche quando la partecipazione è acquisita per il tramite di società controllata, fiduciaria o persona interposta.
Le società speziali devono poi avere oggetto esclusivo, per cui le farmacie non possono essere acquistate da società che svolgono altre attività commerciali e industriali (che però potranno costituire società controllate ad hoc per acquisire le farmacie).
Certamente sono paletti che, unitamente al controllo pubblico assicurato dalla pianta organica e dalla vigilanza dell’autorità sanitaria, dovrebbero assicurare un livello minimo di sicurezza anche con l’ingresso del capitale.
Infine, un limite alla creazione di monopoli è fissato dalla legislazione antitrust, che vieta le concentrazioni che creano posizioni di monopolio e vieta le intese lesive della concorrenza e l’abuso di posizione dominante.
Nulla vieta però che si adottino anche cautele più specifiche, come ad esempio una limitazione percentuale della quota riservata a soci non farmacisti in analogia con la legislazione relativa alle società di professionisti, o una graduazione nel tempo dell’ingresso del capitale, o la necessità che una quota di amministratori sia costituita da soci farmacisti, o altre analoghe soluzioni di contenimento.
Con la consapevolezza, però, che qualunque barriera si costruisca, verosimilmente presto o tardi potrà cadere se qualche interesse costituito sarà in grado di fare adeguate pressioni sul legislatore.

Alla luce delle nuove normative, cosa può significare l’essere titolari di una farmacia? Che valore ha l’esercizio farmacia, maggiore, minore?

Essere titolari di una farmacia significa oggi, come significava ieri, essere anzitutto concessionari di un servizio pubblico a tutela della salute dei cittadini. La professionalità e la capacità di rispondere ai bisogni di salute del cittadino sono la chiave del successo della farmacia oggi, come lo saranno domani.
Purtroppo i farmacisti, che oggi si strappano i capelli per la fascia C o l’ingresso del capitale, non si sono resi conto che il vero scippo di valore è avvenuto nel 2001, con la legge 405 che ha sottratto alla farmacia tutta l’innovazione farmacologica: oggi il valore complessivo (valorizzato al costo ex factory) del medicinale distribuito dalle strutture pubbliche è superiore al valore complessivo (sempre valorizzato al costo ex factory) dei medicinali di fascia A e C distribuiti in farmacia. Alla farmacia rimangono i prodotti ormai “genericabili”, mentre tutti i medicinali innovativi, anche per le patologie croniche, transitano per il canale pubblico: si tratta di una perdita culturale, prima ancora che economica.
Quanto alla cronaca recente, nell’immediato la notizia dell’apertura al capitale ha avuto l’effetto di bloccare il crollo delle quotazioni, che invece sarebbe seguito alla soppressione della pianta organica.
In prospettiva, si confermerà una tendenza -già da tempo in atto- a una maggiore specificità delle valutazioni. Non tutte le farmacie possono essere valutate con lo stesso criterio legato al fatturato, ma ognuna secondo le sue specifiche caratteristiche e la sua capacità di generare reddito e valore.

In questo preciso periodo storico, è opportuno vendere, comprare o restare a guardare?

Keep, buy or sell è il dilemma classico dell’investitore. Probabilmente la verità è che chi può, compra; chi deve, vende. Gli altri stanno a guardare.
L’unica certezza è che, se si decide per l’acquisto, questo va fatto al giusto prezzo e con una corretta proporzione di denaro proprio. Non è più pensabile acquistare solo con soldi prestati da finanziarie o da dilazioni di fornitura. Gli operatori seri hanno introdotto ormai da anni il concetto di giusto mix mezzi propri/debiti, per evitare che la farmacia rimanga soffocata dal debito contratto all’acquisto, come purtroppo sta avvenendo nelle numerose farmacie oggi in difficoltà (si parla di 4.300 in tutta Italia, ma il dato va preso con le molle perché viene elaborato sulla base dei dati comunicati ai fini degli studi di settore, non direttamente da un database dei bilanci).

Ad oggi, investire nella propria farmacia (in termini di automazione, sistemi di gestione avanzati come controllo accessi, cash management, e tutte le soluzioni che comunque richiedono migliaia di euro di investimento) è un passo che si può compiere o è un rischio da non correre?

Investire consapevolmente il proprio capitale nella propria azienda per creare valore non è mai un errore. L’errore è quando l’investimento:

  • è inconsapevole, ossia senza un piano economico finanziario per valutare i tempi e le modalità di recupero del capitale;
  • distrugge valore: l’automazione può essere un ottimo investimento, ma deve essere funzionale a razionalizzare il lavoro e a recuperare redditività, altrimenti può essere un bagno di sangue. Il cash management è un potentissimo strumento di ottimizzazione e di recupero di inefficienze e sprechi, ma va coniugato con una revisione dell’intera attività al banco;
  • è fatto con capitale interamente altrui: il corretto rapporto di leva finanziaria (ossia tra denaro proprio e denaro preso a prestito) è il segreto della buona riuscita di un investimento.

Se invece si rispettano le condizioni che abbiamo detto, investire significa far crescere la propria farmacia ed è sempre una decisione giusta.

E, perché no, un buon investimento potrebbe anche essere acquistare un’altra farmacia…

© Riproduzione riservata

Non perdere gli aggiornamenti sul mondo della farmacia

Riceverai le novità sui principali fatti di attualità.

Puoi annullare l'iscrizione con un click. Non condivideremo mai il tuo indirizzo email con terzi.