La tanto attesa decisione da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione guidata da Raffaele Cantone a proposito della compatibilità degli incarichi di vertice negli ordini professionali è finalmente arrivata, anche se in realtà di fatto l’Anac ha deciso di non decidere. La questione, di cui FarmaciaVirtuale ha dato conto in più occasioni (si leggano: 1 | 2 | 3), riguarda una delibera adottata a ottobre dall’Anac con cui l’Autorità ha esteso agli ordini e ai collegi professionali le disposizioni di legge in materia di prevenzione della corruzione e di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. La data entro cui adeguarsi è stata fissata in un primo tempo al 21 novembre scorso e poi a fine anno, dall’1 gennaio il via ai controlli. Interessati dalla questione della cumulabilità delle cariche in ambito medico sono quattro senatori, che sono nel contempo al vertice degli ordini: il presidente di Fofi Andrea Mandelli (Fi-Pdl) e il vicepresidente e compagno di partito, nonché presidente dell’Ordine dei farmacisti di Bari e Barletta-Andria-Trani, Luigi D’Ambrosio Lettieri, il presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri Amedeo Bianco (Pd) e la presidente della Federazione nazionale collegi infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia Annalisa Silvestro (Pd).
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Nei giorni scorsi Mandelli ha posto un quesito all’Aanc per chiedere precisazioni su eventuali incompatibilità e l’Authority ha risposto che «le cause di incompatibilità tra il mandato parlamentare e lo svolgimento di cariche di natura elettiva ricoperte all’interno degli ordini professionali devono essere accertate non dall’Autorità nazionale anticorruzione, ma dalla Giunta delle elezioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, ai sensi della normativa vigente in tema di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità». Dunque la questione è rimandata a data da destinarsi, e per ora è difficile prevedere se i tempi saranno stretti o meno. L’ente presieduto da Cantone non si è comunque limitato a rimettere la questione al Parlamento, ma ha fornito delle indicazioni sull’interpretazione della norma: «Il decreto legislativo n. 39/2013 – afferma infatti l’Anac – stabilisce l’incompatibilità di coloro che, all’interno di un ente pubblico, svolgono incarichi amministrativi di vertice, di amministratore, nonché incarichi dirigenziali. Tuttavia, le incompatibilità previste da tale norma non si estendono alle funzioni pubbliche elettive negli organi costituzionali di rappresentanza politica dello Stato a livello nazionale. Infatti, l’art. 11, primo comma del d.lgs. n. 39/2013 statuisce solo le incompatibilità tra gli incarichi “amministrativi” all’interno di enti pubblici e le cariche di governo, mentre le incompatibilità previste dai successivi articoli e commi sul punto fanno riferimento soltanto alle funzioni pubbliche elettive eventualmente ricoperte a livello regionale e locale».
L’ultima parola per stabilire se le disposizioni valgano anche per gli eletti in organi nazionali, e in particolare in questo caso per chi occupa uno scranno a Palazzo Madama, spetta quindi alla Giunta per le elezioni del Senato, che dovrà mettere definitivamente un punto alla questione. Per gli ordini resta in ogni caso l’obbligo di rispettare una serie di misure, quali la predisposizione di un Piano triennale di trasparenza e di prevenzione della corruzione e di un Codice di comportamento, la pubblicazione dei bandi di concorso, degli incarichi conferiti e dei dati sui propri organi e dipendenti e sui costi; vincoli che Fofi si è già attrezzata a rispettare.
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