telemedicina in farmaciaQual è l’impatto sui pazienti dei servizi di farmacia clinica che possono essere forniti attraverso sistemi di telemedicina? A rispondere alla domanda è uno studio apparso sulla rivista Research in Social and Administrative Pharmacy, curato dalla School of Pharmacy della University of Pittsburgh, dal Center for Health Equity Research and Promotion e dal Magee-Women’s Hospital. L’analisi, intitolata “Impact of clinical pharmacist services delivered via telemedicine in the outpatient or ambulatory care setting: A systematic review”, parte dall’assunto che l’utilizzo della telemedicina consente ai farmacisti di estendere il loro raggio di intervento clinico, consentendo loro di essere in contatto con i pazienti. L’obiettivo del nostro studio è di misurare l’impatto di tali servizi». Il metodo che è stato scelto è quello di un’analisi sulla letteratura condotta attraverso un database nel quale sono state ricercate alcune parole-chiave relative alla telemedicina, in associazione ad altre come “farmacista”, “farmacia” o ancora “telefarmacia”. I risultati che sono stati ottenuti dai ricercatori indicano che «solo 34 studi hanno misurato le conseguenze da un punto di vista clinico». Il che conferma come l’analisi del fenomeno sia ancora troppo poco approfondita. Dalle poche decine di studi che sono state individuate, si possono in ogni caso dedurre alcuni dati interessanti: il primo è il fatto che il metodo di comunicazione nettamente privilegiato da parte dei farmacisti è il telefono. Allo stesso modo, il metodo più utilizzato in termini di intervento è quello che porta a guidare il paziente durante lo stesso colloquio telefonico. La maggior parte degli studi, inoltre, si concentra su casi di malattie croniche: dall’ipertensione al diabete, dalla depressione all’asma, dalle patologie cardiache all’Hiv, fino al tentativo di smettere di fumare. Nella stragrande maggioranza dei casi, infine, si è rilevato un impatto positivo dell’uso della telemedicina. «Il che conferma – concludono gli autori – che questo tipo di interventi consente di fornire un supporto importante in termini di decorso della malattia, di auto-gestione da parte del paziente e di aderenza alla terapia. Ma occorrono ulteriori studi sul tema».

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