Omeopatia di HahnemannContributo di Daniel Lotti

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Letteralmente l’omeopatia è dottrina medica, ideata dal medico tedesco Christian Friedrich Samuel Hahnemann (1755–1843) nel lontano 1810, da cui deriva il nome: Omeopatia di Hahnemann. È basata sulle virtù terapeutiche naturali dell’organismo e sul principio “similia similibus curantur” che in opposizione con l’aforisma ippocratico “contraria contrariis curantum”, ritiene di poter curare le malattie provocando stati patologici simili, particolarmente con dosi attenuate di medicamenti.

La nascita

Si racconta che Hahnemann un giorno, stanco di non saper e non poter curare seriamente i suoi pazienti avesse detto alle persone in attesa “andate a casa non posso e non so curarvi e non voglio rubarvi soldi…”. Se sia vero questo non è chiaro, ma sta di fatto che da un giorno all’altro, il futuro omeopata, lasciò la sua ben avviata carriera medica per tradurre testi scientifici, essendo stato ferrato in almeno 6 lingue, arricchendoli con criticità proprie. Proprio durante una delle sue traduzioni, in particolare del testo “Materia Medica”, una dizione di farmacologia del Cullen (un medico scozzese), si imbattè, abbastanza scetticamente, nell’affermazione, secondo la quale si attribuivano alla china proprietà curative della malaria attraverso le proprietà stomachiche, ovvero che favorivano la digestione gastrica. Il medico decise allora di verificare le affermazioni di Cullen, prestandosi come “tester” per l’assunzione di china in dosi ponderali. Il primo principio dell’omeopatia formulato e sicuramente il più importante, è quello secondo cui “un farmaco è in grado di curare quei sintomi che si osservano dopo la somministrazione dello stesso principio in dosi ponderali su soggetti sani”; era la parziale conferma della legge di Ippocrate Similia Similibus Curantur e il primo passo verso l’omeopatia.

Hahnemann proseguì nella ricerca analizzando allo stesso modo numerose altre sostanze, confermando che ciò che intossica può poi guarire in dosaggi minori. Il farmaco omeopatico però non ha solo la capacità di curare dalle intossicazioni, ma riesce a curare anche le malattie che presentano un quadro clinico simile a quella sostanza che provoca l’intossicazione, per logica la legge di inversione d’effetto farmacologico. In questa maniera Hahnemann dimostrò definitivamente il principio base dell’omeopatia: la legge della similitudine. Questo sta a dimostrare che per trattare omeopaticamente un malato è necessario stabilire una similitudine fra il suo quadro sintomatologico e l’effetto tossico provocato dalla sostanza.
Risultò quindi evidente di dover disporre della descrizione di numerosissime intossicazioni a cui Hahnemann, colleghi e seguaci si sottoposero.

I principi base di differenziazione

Ancora oggi l’omeopatia può essere distinta in base ai regni di provenienza, animale, vegetale e minerale. Altra grande distinzione è quella del processo di diluizione (e dinamizzazione), processo che consente di ridurre alle dosi omeopatiche desiderate che sono principalmente riconosciute in decimali e centesimali e cioè 1:10 decimale e 1:100 centesimale, considerando la prima diluizione DH 1, se decimale, e CH 1, se centesimale. Con diluizioni crescenti in proporzione alla diluzione cresce anche il numero DH o CH che indica “la potenza” infinitesimale (la diluizione) a cui è preparato il rimedio. Perciò DH 2 ad esempio è ottenuto da 2 diluizioni 1:10, mentre il CH 2 da 2 diluizioni 1:100, e così via. Oltre alle più classiche diluizioni decimali e centesimali si può incappare in diluizioni anomale come la LM, la cinquanta millesimale (1:50 000), o la K in onore di Korsakov, che assomiglia molto alla centesimale con una minore precisione operativa. Sono inoltre definite tre fasce di diluizione: bassa, media e alta, dove la bassa è rappresentata tra la DH 1 e DH 8 e tra CH 1 e CH 4, la media tra DH 9 e DH 23 e CH 5 e CH 11, mentre le alte diluzione sono rappresentate da valori superiori di DH 24 e CH 12, diluizioni in cui si supera il numero di Avogadro di diluizione e dove non si ha la presenza di alcuna molecola della sostanza di partenza.

Contributo di Daniel Lotti

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