farmacie francesiMentre in Italia, dopo svariati anni, è stato riaperto il confronto tra Sisac e farmacie pubbliche e private per il rinnovo della Convenzione con le Regioni, in Francia la questione è stata già affrontata. E si è conclusa con la firma di una nuova convenzione che però ha, di fatto, scontentato una parte non indifferente della categoria, spaccando in due le principali rappresentanze sindacali. Come riferito dal quotidiano Le Moniteur des Pharmacies, infatti, l’Union nationale des pharmacies de France (UNPF), in un comunicato diffuso venerdì 8 settembre, ha spiegato che «la nuova convenzione è stata firmata da un solo rappresentante della professione, e rappresenta un netto passo indietro rispetto alla precedente». La sigla si domanda, ad esempio, «per quale ragione gli onorari che sono stati fissati non siano stati esonerati dalla TVA (l’IVA transalpina, ndr) come accade per le altre professioni sanitarie». Inoltre, secondo l’UNPF il sostegno alla farmacia clinica è giudicato troppo timido «tenuto conto del fatto che essa rappresenta una delle rare vie utili per garantire un progresso della professione in futuro».
Ma ciò che è stato considerato più grave da parte dell’unione sindacale francese è il fatto che «la convenzione abbia assimilato l’atto di dispensazione del farmaco ad una cura di primo livello». Al contrario, l’UNPF sottolinea di battersi da anni per far sì che il farmacista prenda sì in carico i pazienti in prima istanza, ma gestisca anche «le patologie benigne, secondo dei protocolli definiti» e possa «consigliare ai clienti, qualora ciò sia necessario, di rivolgersi al proprio medico o di presentarsi in un pronto soccorso». Così com’è, in altre parole, secondo il sindacato «chi ha firmato la convenzione condanna il farmacista ad un ruolo di distributore di convezioni di medicinali, la cui sola prestazione di servizio possibile sarà quella di seguire il trattamento farmacologico». Ciò, ha concluso l’Unione francese, «dimostra a che punto coloro che hanno negoziato la convenzione hanno a cuore l’avvenire della professione. Al contrario, occorrerebbe garantire ai farmacisti la possibilità di realizzare prestazioni di servizio remunerate, basate sulla loro capacità di fornire consulenze ed accompagnare i pazienti».

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