Carenze di farmaciI medicinali introvabili in Francia sono arrivati a quota 530, facendo segnare un aumento del 30% in soli dodici mesi, tra il 2016 e il 2017. Due anni fa, infatti, il dato non superava quota 405, e nel 2015 era fermo a 391. A spiegarlo è l’Agence du Médicament (ANSM, l’equivalente dell’Agenzia Italiana del Farmaco), secondo la quale il fenomeno è attribuibile «ad una catena di produzione globalizzata che non è affiancata da un numero sufficiente di circuiti alternativi». Il che obbliga la stessa agenzia transalpina a dover lavorare continuamente nel tentativo di «anticipare le carenze per i farmaci più importanti, ovvero quelli per i quali l’interruzione del trattamento può mettere a rischio la vita del paziente». Come ricordato dal quotidiano online Sciences et Avenir, le farmacie segnalano i casi quando non riescono a procurarsi una specialità per almeno 72 ore. Nella classifica dei medicinali che rientrano in tale fenomeno, ai primi posti risultano gli antinfettivi, seguiti da quelli per le cure legate al sistema nervoso e da quelli oncologici. Tra le cause che sono state evidenziate dall’ANSM figurano le «disfunzioni dei metodi di produzione» (nel 20% dei casi), la «produzione insufficiente» (15%), le «difficoltà di approvvigionamento delle materie prime» (15%), così come l’aumento del volume di vendite (10%).
Dominique Martin, direttore generale dell’agenzia, punta il dito senza mezzi termini contro «la complessità e la globalizzazione delle catene di produzione dei medicinali, che fa sì che la materia prima sia prodotta in un Paese, lavorata in un altro, il farmaco preparato in un terzo, e così via. Il risultato è che ogni minimo intoppo nel sistema crea problemi che si manifestano in tutta l’Europa». Il che, a sua volta, comporta una deleteria “battaglia” tra Stati: «I Paesi dell’Ue sono di fatto in competizione gli uni con gli altri per cercare di ottenere i prodotti difficili da reperire. Non è di certo qualcosa di molto sano». Come riportato dal quotidiano Le Figaro, d’altra parte, già nel rapporto sull’attività svolta nel 2015, l’ANSM aveva sottolineato la propria preoccupazione rispetto alle «nuove strategie industriali di razionalizzazione dei costi di produzione», spiegando che si tratta di politiche potenzialmente in grado «di mettere in pericolo in pazienti» e di «incidere sull’evoluzione delle patologie». Anche in Italia la questione è stata affrontata a più riprese nei mesi e negli anni scorsi. In particolare per quanto riguarda la questione dell’immunoglobulina umana antitetanica, oggetto di interventi dell’Aifa , inchieste giornalistiche e interrogazioni parlamentari.

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