Dopo aver raccolto l’esperienza di alcuni colleghi e l’opinione del presidente della Fofi, Federazione ordini farmacisti italiani, Andrea Mandelli, FarmaciaVirtuale ha lanciato nelle settimane scorse un sondaggio tra farmacisti collaboratori e titolari, per dare loro l’opportunità di esprimere il proprio parere e il proprio vissuto sull’abusivismo professionale. Un fenomeno che non penalizza solo i farmacisti non titolari, che spesso per tale ragione non riescono a trovare lavoro a vantaggio di personale non laureato, ma fa anche concorrenza sleale nei confronti degli altri titolari che per dispensare i farmaci impiegano solo laureati.
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Due le semplici domande che abbiamo posto, oltre a lasciare la possibilità di inviare un commento libero:
- nella farmacia dove lavori o lavoravi al banco c’è personale non laureato?
- le istituzioni del settore fanno abbastanza per la lotta all’abusivismo professionale?
Sulla prima questione i fronti, come può essere comprensibile, si dividono: nell’esperienza dei collaboratori spesso le farmacie ricorrono a personale non laureato per dispensare i farmaci, mentre tra i titolari solo 4 fanno outing e lo ammettono. Concorde è invece il giudizio sulle istituzioni di categorie, che non contrasterebbero a dovere l’abusivismo.
«È uno schifo! A noi che abbiamo 52 anni non ci fanno lavorare e i magazzinieri danno OTC, SOP ed etici», si sfoga un collaboratore. «Nel mio lungo percorso professionale ho lavorato per 14 anni come farmacista collaboratrice notturnista in una farmacia della città dove sono nata. In quegli anni non sono mai riuscita a capire il perché nonostante noi farmacisti ci dessimo da fare al banco per soddisfare le esigenze dei clienti il titolare facesse fare il nostro stesso lavoro a magazzinieri neppure diplomati, convinto che anche loro potessero svolgere il compito e con la stessa professionalità. Pura follia», racconta un’altra. Diverse le testimonianze su questo tono: «Ci sono farmacie in cui il personale non laureato opera al banco tranquillamente sbagliando anche a consegnare i dosaggi dei farmaci ai pazienti»; «mi è capitata un’esperienza dove insieme a me dietro il bancone c’era una signora, assunta come magazziniera, con la licenza media, che si permetteva il lusso non solo di dispensare le medicine, ma anche di consigliare, e io stavo lì in silenzio perché la titolare la appoggiava». Per poi arrivare all’amara conclusione, almeno per quel che riguarda la situazione della capitale: «L’abusivismo è un fenomeno tollerato a Roma e non ci sono controlli di nessun tipo».
Non troppo dissimile, almeno per certi versi, è l’esperienza di alcuni titolari: «In Calabria è una vergogna; circa due farmacie su tre hanno al banco personale non laureato. Non ho memoria né di controlli né di sanzioni applicate», dice uno. «Lo scandalo è che l’Ordine non ha mai fatto niente», rincara un altro. Ma c’è anche chi si si sente punto nel vivo e lancia invettive, senza considerare che un’ingiustizia non ne cancella un’altra: «Perché guardate alle farmacie quando nelle Coop, nella grande distribuzione e nelle catene fanno self service? L’illegalità non è in farmacia». «Non ha senso utilizzare personale non laureato a meno che non lo si sottopaghi, perché i costi sono del tutto simili, ma le responsabilità e professionalità totalmente diverse», dice invece un lettore, a cui inconsapevolmente risponde un altro: «I farmacisti titolari preferiscono licenziare i farmacisti collaboratori con maggiore anzianità di servizio perché sono ritenuti un costo, e non una risorsa, privilegiando il personale non laureato, che non solo spedisce le ricette ma dispensa anche consigli». E ancora: «Possibile che non si capisca proprio che avere al banco delle nostre farmacie personale non laureato viene a detrimento di tutti noi, della preparazione professionale, della dignità di ognuno, di quell’immagine tanto invocata, ma che non deve essere solo una insulsa facciata? Anche per vendere un semplice purgante o i vari prodotti da banco, il farmacista dovrebbe sapersi distinguere con evidenza da qualunque altra persona, per quanto fornita di requisiti stimabilissimi, ma diversi, altrimenti i nostri studi universitari potrebbero andare a farsi benedire, come tante cose oggigiorno, valori compresi».
Una posizione che fa eco a quella di Angelo Tummarello, informatore scientifico siciliano: «Tanti colleghi mi hanno raccontato che non riescono a lavorare perché le farmacie usano personale non laureato per distribuire i farmaci. FederFofi – Federfarma e Fofi, che per me son la stessa cosa –, non fanno niente, fanno orecchie da mercanti, non tutelano i farmacisti non titolari. Capisco il momento di crisi, ma non è una giustificazione per l’abusivismo; si discredita la farmacia, andando verso un sistema come quello della grande distribuzione dove è poco valorizzata la professionalità. Non è che ci voglia il numero chiuso in facoltà, basta far lavorare al banco solo chi è laureato, magari introducendo graduatorie a livello nazionale sui posti di lavoro disponibili in farmacia, come per i medici».
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