scuole di specializzazione sanitarieNella seduta del Senato di mercoledì 20 settembre, il presidente della Fofi Andrea Mandelli ha chiesto la parola al fine di sollecitare una risposta ad un’interrogazione presentata il 13 settembre, relativa ad un decreto interministeriale datato 13 giugno, con il quale sono stati disciplinati “Standard, requisiti e indicatori di attività formativa e assistenziale delle Scuole di specializzazione di area sanitaria”. Nell’interrogazione, Mandelli aveva sottolineato che «per quanto riguarda gli standard e i requisiti specifici, appare chiaro come molti di questi siano assolutamente incongrui con le realtà cliniche presenti sul territorio. In molti casi le patologie o i trattamenti formativi richiesti non sono reperibili per l’epidemiologia degli stessi». Inoltre «risulta agli interroganti che molte scuole abbiano inserito dati esageratamente ottimistici, mentre altre scuole, che hanno indicato le casistiche reali e possibili, sembrano essere penalizzate con riduzione del numero degli specializzandi. A titolo di esempio, nella scuola di Anestesia e Rianimazione, per l’offerta formativa per 20 specializzandi nel tema rianimazione cardio-polmonare pediatrica sarebbero necessari 500 casi di arresti cardiaci. Mentre secondo gli ultimi dati dell’AREU (Agenzia regionale emergenze urgenze 118 lombardo), in tutta la regione Lombardia, in un anno, sono stati registrati solo 151 casi di arresto cardiocircolatorio. In area metropolitana 42, di cui solo 20 nel comune di Milano. Di tutti questi, circa la metà sono di origine infortunistica/traumatica». È per questo che il senatore ha chiesto di sapere se «alla luce dei fatti descritti e a tutela delle attività formative ed assistenziali delle scuole di specializzazione in area sanitaria, il governo ritenga opportuno risolvere tale situazione, aggiornando gli indicatori di performance di attività didattica e formativa e di attività assistenziale per l’analisi delle singole scuole di specializzazione».
Non avendo ricevuto risposta, Mandelli ha dunque rilanciato la questione, «anche perché, dovendo in questi giorni cominciare l’anno accademico, bisogna capire se davvero per il governo non c’è possibilità di porre rimedio a questi standard veramente irrealistici».

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