pillola dei 5 giorni dopoBenché l’Aifa abbia stabilito che la pillola dei 5 giorni dopo è abortiva e non contraccettiva, e benché non esista una legge che consente ai farmacisti di esercitare un’obiezione di coscienza, la Corte d’appello di Trieste ha assolto una professionista di Monfalcone, che rifiutò di dispensare il medicinale. A darne notizia è l’edizione locale del quotidiano La Repubblica, che ricorda come si tratti della seconda volta che il comportamento della farmacista non viene condannato dai giudici.
Come riportato ai propri lettori da FarmaciaVirtuale.it, infatti, una prima assoluzione era arrivata dal tribunale di Gorizia, alla fine del 2016. All’epoca, nella consulenza scientifica difensiva, il professor Bruno Mozzanega – docente della Clinica Ostetrica presso l’università di Padova, nonché membro del consiglio direttivo del Movimento per la vita – aveva richiamato «l’equivoco scientifico con cui si cerca di oscurare il potenziale abortivo delle pillole dei giorni dopo, nascondendone il loro effetto antinidatorio, con cui impediscono l’attecchimento del nuovo embrione sulla parete uterina». Tuttavia, La Repubblica sottolinea come il giudizio di primo grado sia stato concesso «non perché il fatto non sussiste, ma perché la farmacista venne dichiarata non punibile per la particolare tenuità del fatto. L’obbligo per i farmacisti di dare i farmaci per la contraccezione d’emergenza resta comunque valido». In questo senso, il presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Trieste Marcello Milani spiegato al quotidiano che «se, come accaduto nella sentenza precedente, l’assoluzione è dovuta non al fatto che il rifiuto fosse legittimo, ma alla possibilità che la donna che richiedeva il farmaco potesse trovarlo comunque altrove, fossi l’avvocato difensore della collega aspetterei a esultare: quello della sua assistita non è infatti un comportamento ripetibile, né da altri né da lei stessa, evitando l’azione penale in caso di denuncia. La farmacia è una concessione governativa, non un negozio qualsiasi». Milani quindi afferma che una soluzione potrebbe passare effettivamente per la concessione di un diritto all’obiezione di coscienza, «ma a favore del farmacista, non della farmacia: di modo che ci sia sempre qualcuno disposto a fornire il contraccettivo d’emergenza. Poi è chiaro che ciascuno ha le proprie idee, i talebani non stanno solo in Afghanistan…».

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