piccola-considerazione-sugli-impreparati-magistrali-img“Il mio dermatologo mi ha prescritto una pomata da confezionare in farmacia, composta da: ossido di zinco, glicerina, talco veneto, acqua. Nessuna delle cinque farmacie da me interpellate, è stata in grado di soddisfare la mia (credo semplice) richiesta per svariati motivi, fra cui la mancanza di materia prima. Devo pensare che cinque duri anni di corso di laurea servano solo ad avvolgere scatole di supposte?”

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È il quesito che una lettrice ha indirizzato al quotidiano La Sicilia e che il giornale ha prontamente pubblicato sabato scorso nella pagina delle lettere.
Ha attirato la mia attenzione perché è un perfetto paradigma di un comportamento che certamente non possiamo permetterci il lusso di mantenere. Esisteranno certamente molti motivi, tutti oggettivamente validi, in ragione dei quali le farmacie interpellate dalla signora non hanno potuto accoglierne la richiesta. L’unico dato che rimane, però, che è poi quello che conta, è che la sua fiduciosa aspettativa in un prestazione professionale capace di risolvere il suo problema e soddisfare la sua necessità di cura è andata delusa.
Ritengo che “segnali” come questo, per quanto piccoli e insignificanti possano sembrare, non vadano ignorati. La prospettiva della “farmacia dei servizi” può essere perseguita con successo soltanto se saremo capaci di innescarla su un irreprensibile, efficace, completo servizio di assistenza farmaceutica. Del quale fanno parte – e sono anzi un tratto distintivo della nostra identità professionale – anche le preparazioni magistrali. Garantirle in tempi congrui ai pazienti rientra dunque nel “minimo sindacale” del nostro servizio professionale, anche per non costringere i nostri clienti a quei faticosi e dispendiosi “giri delle sette chiese” che siamo i primi a censurare pesantemente quando sono costretti a farli per altre ragioni (ogni riferimento ai disagi che i cittadini debbono affrontare per approvvigionarsi dei farmaci nelle strutture pubbliche, in sedi spesso lontane e in giorni e orari contingentati, è ovviamente tutt’altro che casuale).
Non c’è davvero altro da aggiungere, se non che quelli che viviamo sono tempi molti difficili e abbiamo già troppi nemici all’esterno, per poterci permettere il lusso di manchevolezze interne che autorizzino il (motivato) sarcasmo di chi si chiede se “cinque duri anni di corso di laurea servano solo ad avvolgere scatole di supposte.”

Franco Caprino

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