parafarmacie anomalia italiana«Un’anomalia tutta italiana» quella riguardante le parafarmacie, secondo l’On. Silvia Fregolent del Partito Democratico. Definizione lanciata qualche mese fa dalla parlamentare e ribadita in una recente intervista a FarmaciaVirtuale.it. «Una realtà – secondo l’On. Fregolent – che sta creando problemi da tanto tempo e che necessita una risposta con un decreto ad hoc». C’è chi, tra i farmacisti, è d’accordo con le dichiarazioni dell’Onorevole e chi ne prende le distanze. «Ha le idee chiare – commenta Giuseppe – Complimenti e vada avanti. Invece di tenere in piedi un concorso fasullo con sedi in posti e luoghi sperduti o inesistenti, che dopo 3 anni ha prodotto solo ricorsi e soldi agli avvocati, sarebbe meglio dare la possibilità a farmacisti seri e preparati di fare il vero mestiere del farmacista e di impedire finalmente alla grande distribuzione di svilire la professione. Più farmacie vuol dire più concorrenza, ma più stimoli e soprattutto più servizio di qualità vicino ai cittadini. Naturalmente devono essere fatte salve le distanze minime da una farmacia all’altra e le dimensioni minime per poter trasformare una parafarmacia in farmacia. Poi chiusura delle parafarmacie e non se ne parla più». Non è dello stesso parere il farmacista Siniscalchi. «Certo, più farmacie e maggior concorrenza – dice – però minor risorse, meno investimenti e maggior esposizione finanziaria. Diminuendo ulteriormente l’attuale bacino di utenza medio di 3500 abitanti si potranno mai creare maggiori servizi e occupazione in considerazione che i costi fissi del comparto aumenterebbero e i guadagni andrebbero giù? Oggi il numero di farmacie si contende un bacino di utenza allineato al minimo di quello europeo. Con la proposta di sanatoria della Fregolent cosa accadrà? Vedo molto dilettantismo, approssimazione e populismo nelle sue proposte». Farmadeluso, riprendendo la dichiarazione della Fregolent sulle licenze, secondo la quale «la titolarità della farmacia non può essere ereditaria», invita la parlamentare a rivolgersi «al compagno di partito poco onorevole Bersani. I figli dei tassisti fanno i tassisti, – commenta – I figli dei farmacisti fanno i farmacisti, i figli degli avvocati fanno gli avvocati, i figli dei medici fanno i medici, i figli dei calciatori fanno i calciatori, i figli dei politici fanno i politici. Non è questione di licenze… ogni genitore vorrebbe che il proprio lavoro venisse continuato dal figlio». «Quindi la soluzione sarebbe trasformare le parafarmacie in vere e proprie farmacie? – Si chiede il farmacista Fabio – Il gioco è fatto, il trucco c’è e si vede pure, che bella proposta. Si farebbe un grande regalo a chi da tempo ha scommesso in questa facile e gratuita scorciatoia. Complimenti ed auguri ai fortunati farmacisti neo proprietari senza sborsare un soldo e senza concorso». «Ma quale scorciatoia – ribatte Giuseppe – Ma lo sai quanti farmacisti si sono impegnati a studiare, dare esami, lavorare dalla mattina alla sera, investire soldi in una parafarmacia e che tutto ciò non è gratis? Perché non dovrebbero fare i farmacisti a tutto tondo? Solo perché non sono figli di un farmacista? Solo perché nel concorso non hanno ricevuto qualche raccomandazione? Ma lo sai in Italia come vanno i concorsi? Dove vivi? Ci vuole libera concorrenza per il bene di tutti».
Racconta invece la sua esperienza Farmadeluso: «Non sono figlio di farmacista e ho impegnato i prossimi 20 anni in un mutuo che spero di ripagare. Sono anni che faccio concorsi e questi ultimi hanno fregato intere generazioni di farmacisti con la farsa dei limiti nei punteggi». A concludere i commenti, il farmacista Siniscalchi, che parla di “privilegi”. «È ben strano – scrive – (ma certe stranezze in Italia sono la normalità!) sentir parlare un politico (in questo caso del PD) di privilegi e poi prendere atto che son proprio loro, i politici, a goderne e a difenderli.
In questi giorni hanno discusso del privilegio più odioso, il vitalizio. E come è andata a finire? Hanno votato contro la sua abrogazione! La legge Fornero vale per tutti, tranne che per loro. Vanno in pensione a 60/65 anni con solo 4 anni di contribuzione, e parlano di privilegi. Per cortesia Fregolent, non parli di privilegi, non ne ha titolo».

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