apocalisse retailEsistono luoghi, negli Stati Uniti, nei quali si sta producendo una vera e propria “Apocalisse del retail”. Dove al passato legato alla siderurgia si è cercato di sovrapporre un presente fondato sull’economia dei servizi, in particolare quelli dei centri commerciali, producendo però risultati che appaiono effimeri. Il Sole 24 Ore racconta ad esempio il caso di Steubenville, città nella quale si è registrato un autentico crollo del settore, con 4.000 negozi e grandi magazzini chiusi nel breve volgere di qualche mese, tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017. E si stima che il numero possa più che raddoppiare entro la fine dell’anno. «Da gennaio – spiega il quotidiano – si contano nove crack aziendali, tra richieste di protezione dai creditori e liquidazioni di intere catene». Più in generale, «la continua marcia nazionale dell’occupazione nasconde realtà meno rosee. Da ottobre nel retail sono stati cancellati, mese dopo mese, centomila posti di lavoro, più dell’intera manodopera oggi occupata in miniere e acciaierie. Da gennaio il passo dei licenziamenti annunciati è leader assoluto: in aumento del 46,7% a 63.989, 3.862 nel mese di luglio. In 15 anni il comparto ha perso un quarto dei dipendenti». Tanto da far parlare di “nuova de-industrializzazione”.
Le cause? «Gli eccessi di costruzione di grandi centri commerciali (gli Usa hanno il 40% in più di spazio per shopping del Canada, cinque volte quello inglese e dieci volte quello tedesco) e i cambiamenti nelle abitudini di spesa dei consumatori». Ma soprattutto «l’avanzata inesorabile della tecnologia, incarnata dall’esplosione del commercio elettronico e di suoi protagonisti quali Amazon». Le vendite nell’e-commerce, infatti, sono arrivate a rappresentare l‘8,4% del totale. E la stessa Amazon non cessa di espandersi: «È reduce dall’acquisizione della catena di supermercati di fascia alta Whole Food, promettendo di rivoluzionare l’alimentare come aveva fatto per le librerie». D’altra parte, l’azienda è «padrona di 43 centesimi per ogni dollaro speso online e con le vendite di e-commerce dal 2010 in Nordamerica quintuplicate a 80 miliardi», e oggi «impiega oltre 340.000 persone su scala globale e 180.000 negli Stati Uniti. Cifre buone per l’ottavo posto nella graduatoria dei datori di lavoro privati».

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