preparazioni galenicheFermezza nel caso fossero accertate determinate responsabilità, ma anche prudenza prima che i fatti vengano acclarati. È questa la posizione di Paola Minghetti, presidente della Società italiana farmacisti preparatori (Sifap), in merito alle polemiche scaturite dopo che la trasmissione Mi manda Raitre, in una recente puntata, ha raccontato il caso di una donna colpita da ictus in seguito all’assunzione di un preparato magistrale – prescritto da un medico e allestito da un farmacista – contenente tra le altre sostanze la fenilpropanolamina.

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Dottoressa Minghetti, che opinione si è fatta sulla questione?
Occorre dire che per potersi esprimere con cognizione di causa sarebbe necessario poter vedere prima la ricetta. Ciò che possiamo affermare è che è vero che ci sono dei decreti che hanno vietato l’uso di una serie di sostanze, ma la normativa in materia è davvero molto complessa. Alcune sostanze, ad esempio, sono vietate sempre. Altre lo sono solo per le diete dimagranti. È per questo che al Tavolo che è stato istituito presso il ministero, e che ha portato alla revisione del decreto dello scorso mese dicembre, abbiamo chiesto di poter proseguire i lavori, al fine di effettuare una revisione globale della materia.

Quali sono le responsabilità del farmacista nella vicenda?
Qualora fosse confermato che nel preparato erano presenti sostanze vietate, è chiaro che esisterebbe una responsabilità. E come ha giustamente sottolineato il presidente della Fofi Andrea Mandelli nel corso della trasmissione, ci sarà eventualmente un procedimento disciplinare a carico del professionista. Pare che il medico avesse anche indicato una specifica farmacia e uno specifico farmacista per la preparazione…
Su questo occorre essere chiari: il fatto che il medico indichi al paziente a quali farmacie rivolgersi non è di per sé un problema. Mi spiego: non sono molte le farmacie galeniche e può essere normale che il paziente chieda dove andare. Chiaramente, il medico non dovrebbe fornire un unico nome ma un elenco delle farmacie galeniche di zona. Oppure suggerire di visitare il sito internet della Sifap per trovarne una nei nostri elenchi online. Il discorso sarebbe ovviamente diverso nel caso in cui dietro l’indicazione ci fosse un accordo tra medico e farmacista, il che sarebbe ovviamente inaccettabile.

Il farmacista poteva comprendere i rischi della preparazione nel caso raccontato da Raitre?
Il farmacista non è in grado di stabilire a priori se una preparazione è o meno pericolosa. A meno che non siano presenti dosaggi assurdi o sostanze vietate. È chiaro che qualora il professionista dovesse avere dei sospetti, legati alla preparazione o magari ad una serie di ricette provenienti da uno stesso medico, dovrebbe segnalare il caso alla Asl di competenza. Ma sarebbe comunque tenuto a seguire le indicazioni del medico. Nella trasmissione è stato però detto che quella preparazione era palesemente legata ad una dieta dimagrante.
È opinabile. Se ho un paziente che presenta due o tre patologie, non è detto che tutte le sostanze prescritte lo siano per la medesima patologia. Altrimenti significherebbe partire dal presupposto che il farmacista può sindacare l’operato del medico, il che porterebbe ad una china pericolosissima, oltreché ad un accavallamento di responsabilità e di competenze. È bene ricordare che il farmacista non conosce neppure l’indicazione terapeutica, dal momento che l’informazione è riservata a medico e paziente per ragioni di privacy. Ripeto: prima di sbilanciarsi nel merito occorre aspettare che si indaghi a fondo.

Per limitare i problemi cosa propone, una normativa unica?
Esattamente. Bisognerebbe riprendere i decreti e farne uno unico che li riassorba tutti. Oggi ne esistono quattro o cinque, alcuni parzialmente sospesi dal Tar, altri che sono ancora oggetto di ricorsi pendenti. La normativa attuale è talmente contorta che anche per il professionista non è semplice seguirla. Poi diventa troppo facile avanzare accuse generiche. Al contrario, occorre difendere la galenica, perché è estremamente utile per le cure e per la stessa professione. Se la si demonizza, saranno sempre di meno i farmacisti che la praticano, con tutto ciò che ne conseguirebbe per le terapie di cui necessitano numerosi pazienti.

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