ddl concorrenza farmacieNel corso della seduta di mercoledì 28 giugno, alla Camera, sono state completate le votazioni agli emendamenti presentati al Ddl Concorrenza. Ne è stato approvato solamente uno, proposto dal M5S, in materia di carburanti. Tuttavia, nel corso del dibattito si è parlato anche di farmacie. In particolare, il padre delle liberalizzazioni Pier Luigi Bersani (Movimento Democratico e Progressista) ha spiegato: «La libertà di esercizio nel settore è garantita dal titolo di studio. Domanda: noi stiamo facendo qualche passettino in quella direzione, con queste norme? No, noi facciamo un passo indietro, grande, perché consentiamo al capitale di entrare in un settore protetto. Questo è il contrario esatto della liberalizzazione. Che sia il 20 per cento, il 10 o perfino il 5, non è che abbasserà i prezzi: farà i prezzi! Allora va bene, non diamo la fascia C, avanti così. Però almeno non offendiamo i giovani laureati in farmacia inalberando come argomento la sacralità sanitaria della farmacia, perché è appunto per quello che hanno studiato e hanno preso la laurea, come per ogni professione sanitaria. Chi impedirebbe ad un odontoiatra di curare un dente? Nella nostra diatriba non c’è mai entrata la questione sanitaria, qui c’è una pura questione commerciale, cioè un’esclusiva commerciale, che è stata pagata a caro prezzo, come per i tassisti. Quindi, quel caro prezzo deve scaricarsi sui prezzi. Però qui non stiamo parlando di tassì, stiamo parlando di medicinali. Noi dobbiamo lavorare perché questi costino il 20-30 per cento in meno. Questo è l’obiettivo, se siamo della gente che non si inchina sempre alla corporazione». Due emendamenti che volevano abbassare al 15 o al 5% la quota massima che una singola società può detenere nel capitale delle farmacie a livello regionale sono stati entrambi respinti.
Sempre Bersani, in un’altra fase della discussione, ha ripercorso la questione delle riforme del 2006: «Quando si aprì il canale delle parafarmacie, c’era una logica: rompere il primo anello della catena e uscire, gradualmente e senza traumi nel tempo, dal monopolio verso il libero esercizio. Perché gradualmente? La titolarità aveva ancora un valore molto alto e, quindi, bisognava lasciare il tempo per ammortizzare e, a poco a poco, uscire da una logica che, come avete visto, è ormai centenaria. Quell’anno scomparve la disoccupazione dei giovani farmacisti. Si poteva fare altro? Facile dirlo adesso, proprio adesso che, come vediamo, il sistema è iper-bloccato, anche in questo Parlamento, figuriamoci allora! Adesso stiamo dicendo a queste parafarmacie: dovete morire perché avete la colpa di essere nate. Bisognerebbe vergognarsi di una cosa così. Gli si offrono alternative? Si dice: no, no, ma se avete fortuna, qualcuno di voi, e se avete anche molti soldi, potrà entrare nella corporazione. Intanto, noi apriamo al mercato e al capitale». In precedenza, Renato Brunetta, di Forza Italia, aveva affermato a Rai Parlamento che è «meglio avere una legge criticabile sulla concorrenza che non avere alcuna legge. Il governo ci ha messo più di tre anni per farlo, speriamo che quando saremo al governo noi se ne possa fare uno ogni anno, come prevede la legge». Da parte sua, invece, Andrea Martella del Partito democratico ha parlato di «provvedimento atteso, il cui iter parlamentare è stato sicuramente complesso ma che può essere utile per la ripresa della nostra economia e per tutelare i consumatori». Il voto finale è previsto per la mattinata di oggi, giovedì 29 giugno.

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