parafarmacie d ambrosio lettieri«Il riassorbimento degli “esercizi di vicinato” previsti dalla “lenzuolata” di Bersani del 2006 rappresenta una strada su cui è opportuno riflettere con molta attenzione per evitare di commette un altro grave errore, soprattutto dopo che l’infausta legge “Cresci Italia” ha abbassato il quorum delle farmacie per numero di abitanti, aggravando ulteriormente la già grave e profonda condizione di difficoltà economica della farmacia italiana». È con queste parole che il senatore Luigi d’Ambrosio Lettieri ha risposto alle proposte avanzate da alcuni politici di aumentare il numero delle farmacie, «proprio quando – sottolinea il parlamentare – un elevatissimo numero di esercizi vive una condizione di fragilità economica». Il vice-presidente della Fofi invita in particolare ad utilizzare «avvedutezza e responsabilità», rivolgendosi in questo senso «soprattutto ai parlamentari di quel partito che sostenne pervicacemente la legge nel 2006. Non vorrei si commettesse ancora uno sbaglio a danno di professionisti che furono già ingannati a suo tempo, quando attraverso un “organismo geneticamente modificato” si consegnò loro il passaporto d’ingresso in un’attività commerciale con la promessa di un “visto d’ingresso” nella sfera sanitaria. Trovo peraltro almeno inelegante che possano esistere dei “parafarmacisti”: i farmacisti dovrebbero essere tutti dotati di pari dignità, senza prefissi e suffissi». D’Ambrosio Lettieri ricorda di aver immaginato, nella scorsa legislatura, «un’ipotesi di riassorbimento per far confluire nell’ambito del sistema farmacia quegli esercizi di vicinato la cui titolarità fosse riconducibile ai farmacisti, senza che questo determinasse una destabilizzazione nel rapporto tra farmacie e numero di abitanti e senza mortificare le legittime aspirazioni dei farmacisti rurali e dei collaboratori. Mi fu detto che quella mia proposta non poteva essere accettata perché avevo posto come condizione che si abrogasse il famoso articolo 5 della legge Bersani. Peccato: perdemmo un’occasione». «All’epoca – prosegue – indicai un’altra strada: quella di lasciare invariato il quorum e costruire un salvadanaio per la solidarietà interna di categoria, col quale garantire il reddito certo da direttori di farmacia per quei professionisti, prevalentemente giovani, che andavano ad aprire le farmacie nei piccoli Comuni che ancora oggi sono privi dell’esercizio di farmacia. Ce ne sono diverse centinaia».
Secondo il parlamentare si potrebbe immaginare un concorso al quale «i titolari di esercizi di vicinato in servizio da un certo numero di anni possano partecipare con un titolo agevolato». Ma senza escludere gli altri, «perché, d’altronde, non possiamo privare tutti gli altri farmacisti del diritto di partecipare a un concorso», e in particolare «ai titolari di sede rurale e ai collaboratori di farmacia, che sono portatori di diritti e aspettative che vanno rispettati. Sono solidale nei riguardi dei farmacisti titolari di esercizi di vicinato, ma ritengo che le pur legittime aspirazioni di questi non possano essere superiori a quelle di chi, oggi, è privo di occupazione o di chi ambisce ad una progressione in carriera». L’errore, aggiunge, fu «l’istituzione delle parafarmacie» ed è per questo che ora sta «al legislatore individuare un risarcimento per chi fu ingannato».

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