concorso straordinario farmacieL’iter del concorso straordinario per l’assegnazione di nuove farmacie, come noto, è stato ed è particolarmente tortuoso. I moltissimi ricorsi che sono stati presentati presso la giustizia amministrativa hanno di certo contribuito ad allungare i tempi, ma una volta arrivati agli interpelli, numerose sedi restano paradossalmente non assegnate. Secondo Carlo Ranaudo, docente presso la facoltà di Farmacia dell’università Federico II di Napoli, ciò è dipeso anche dalla troppa leggerezza con la quale sono state avanzate alcune candidature.

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Professore, per quale ragione non di rado i farmacisti vincitori del concorso rinunciano alle sedi?
Ho studiato da vicino la questione e posso dire che, purtroppo, solo in pochi casi ciò è dipeso dal fatto che, nel corso degli anni passati tra l’avvio del concorso e gli interpelli, i farmacisti vincitori hanno trovato un altro posto di lavoro.

Dunque a cosa possiamo attribuire il fenomeno?
Partiamo dai fatti: in Toscana siamo arrivati al quarto interpello e ci sono ancora alcune sedi da assegnare. In Puglia una persona che si era classificata oltre il 170esimo posto, in un concorso nel quale sono state bandite 185 sedi, si è ritrovata a poter prendere la seconda scelta. Ciò ci indica che il problema non è legato al fatto che vengono rifiutate sedi disagiate, magari collocate in luoghi remoti. Il vero problema sta nelle candidature in forma associata. Dopo un ampio monitoraggio credo di poter concludere che in alcuni casi si è partiti con troppa superficialità. Ci si è associati per ottenere un punteggio più alto e scalare le graduatorie, ma spesso tra soci ci si conosceva poco e male.

Il che ha provocato problemi col passare del tempo?
Esatto. Al momento concreto in cui occorre decidere in che modo una farmacia debba essere gestita, sono saltati fuori problemi e incomprensioni. Dico questo per lanciare un messaggio ai farmacisti vincitori: le associazioni sono buone ma devono essere in qualche modo regolamentate. Chi farà il direttore, quali saranno gli orari di lavoro, i turni da effettuare: sono tutte cose che è bene decidere prima, perché rappresentano la quotidianità di una farmacia. Il consiglio è di scrivere dei patti, anche perché la norma prevede che l’associazione debba durare per dieci anni.

Tutto questo basta a giustificare casi come quello del Piemonte, dove all’ultimo interpello sono state assegnate pochissime sedi?
No, il caso del Piemonte è particolare, perché tra le sedi bandite ce ne sono molte che non sono mai state assegnate. Si tratta di farmacie rurali, in zone lontane dai grandi centri abitati. Lì la difficoltà è più legato alla qualità delle sedi offerte. Al contrario, in Puglia non esiste questo problema, eppure al primo interpello sono state assegnate solo 88 sedi.

Anche le candidature singole hanno fatto passi indietro?
Il problema è legato in larga misura a quelle in forma associata, che si sono classificate meglio rispetto a chi ha partecipato da solo.

Insomma, il concorso è stato lungo, ha portato a decine e decine di ricorsi, e ora il rischio è perfino che venga assegnata solo una parte delle farmacie bandite…
Sì ma ciò non significa che sia stato sbagliato lanciarlo. Se alla fine il numero di farmacie aperte non dovesse essere quello inizialmente previsto è un peccato, ma almeno una parte del lavoro sarà stata fatta. In questo senso voglio lanciare un messaggio positivo alla categoria: quello del concorso è un treno che non ripasserà facilmente. Per ogni farmacia aperta due o tre professionisti trovano un lavoro, il che è importantissimo dal punto di vista occupazionale. Chi ha partecipato in forma associata e avesse riscontrato delle incomprensioni è ancora in tempo per trovare un’intesa chiara con i soci ed evitare di perdere l’opportunità di aprire una farmacia. Oltreché creare importanti problemi agli altri partecipanti associati.

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