farmacistiIl nuovo presidente dell’Ordine dei farmacisti di Foggia, Salvatore Alfonso Bevere, ha pubblicato una lettera aperta nella quale ha dapprima espresso la propria gratitudine «a tutti i consiglieri per la fiducia che, all’unanimità, hanno voluto riporre nella mia persona, affidandomi il compito di rappresentare la nostra categoria». Il dirigente ha ricordato anche gli «anni di lavoro ed impegno» attraverso i quali «siamo riusciti ad operare per il meglio cercando di venire incontro alle diverse esigenze di tutti gli iscritti. Con l’obiettivo di continuare su questo percorso, ed anzi potenziare ed ottimizzare le attività di quest’Ordine, certo di poter contare su un consiglio composto da professionisti preparati e competenti, mi impegno sin da ora a dare il mio contributo alla professione». Quindi Bevere si è concentrato su un’analisi delle condizioni attuali e dei cambiamenti che attraversano il mondo della farmacia: «Cambiamenti epocali si affacciano e, comprendo perfettamente, lo scoraggiamento e la sfiducia che dilaga tra di noi. I titolari di farmacia temono che l’ingresso dei capitali, sommandosi alla già spietata concorrenza che quotidianamente subiscono dagli altri colleghi, dalla grande distribuzione, oltre che dalla sempre più diffusa vendita online, si abbatta come una scure sui propri esercizi. I proprietari di parafarmacie, oltre a sentirsi poco gratificati nella loro professione, devono, in molti casi, fare i conti con fatturati al limite della sopravvivenza. I giovani laureati, dopo anni di studio ed impegno, non riescono a trovare la giusta e meritata collocazione nel mondo del lavoro. Così come i tanti colleghi che lavorano nell’industria, un tempo ottima prospettiva di lavoro, oggi sempre meno garante di nuove opportunità». Un quadro giudicato «non roseo», che richiede alla categoria «un momento di riflessione. Bisogna innanzitutto capire che solo restando uniti e stretti attorno alla nostra professione potremo un giorno salvarla. Una professione che non può essere polverizzata in nome della concorrenza di mercato o, peggio ancora, dalla globalizzazione. La gara al ribasso dei prezzi, l’accaparramento della ricetta, oltre alle più fantasiose iniziative poste in atto dai colleghi più “furbetti”, rappresentano una guerra tra poveri, che svilisce il nostro lavoro e rende inutili anni di studio e formazione».

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