mnlfGià nei mesi scorsi, forse per primi, ma questo ha poca importanza, parlammo di una situazione lavorativa che in farmacia si faceva via via più difficile. Denunciavamo il sempre maggiore ricorso a forme atipiche di lavoro che investivano questo settore e non giustificate da particolari condizioni economiche di crisi. Ora, finalmente, grazie al coraggio di Dario e a Venerdì di Repubblica emerge una condizione, quella lavorativa in farmacia, che da troppo tempo è rimasta sottotraccia, volutamente ignorata. In un Paese normale, in un Paese ove la parola “rispetto” per il lavoro avrebbe un significato concreto, nessun farmacista, ancorché titolare di farmacia, si sarebbe mai sognato, di assumere un “collega”, con un contratto atipico come quello del tirocinio post laurea, oppure pagarlo come un lavoratore stagionale con i voucher. Questo avviene perché nella realtà il tentativo è sempre lo stesso: massimizzare i profitti sulle spalle di chi lavora. Spiace essere in disaccordo con il Presidente della Federazione degli Ordini, spiega Fabio Romiti, vicepresidente del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti, ma qui non c’entrano i scarsi investimenti in Sanità, qui c’entra innanzitutto una cultura, quella del “rispetto” per chi lavora che in parte della categoria non è mai esistita. Negli anni di comportamenti come questi ce ne sono stati molteplici, e a seconda del periodo si è ricorsi al lavoro nero, al part-time camuffato, oggi si ricorre a quello che è stato reso legale: tirocinio post-laurea e voucher. Questo proprio mentre ci si sarebbe aspettato che dopo il prolungamento dell’orario di apertura delle farmacie si fossero assunti più laureati, invece niente ” la plasticità creativa” delle farmacie ha risolto il problema. Intanto così perdiamo giovani per cui lo Stato ha investito in favore di altri Paesi che hanno un progetto di Paese più solido del nostro. Tutto ciò mentre il CCNL è scaduto da quattro anni e qualcuno, Federfarma, nemmeno si sogna di sedersi al tavolo delle trattative. I voucher dovevano essere uno strumento limitato ad alcune ben definite professioni, sono diventati l’emblema della precarietà, fortunatamente a breve saremmo chiamati ad esprimerci sulla loro permanenza in Italia con un referendum, noi speriamo siano definitivamente cancellati. Certo, un nuovo modello di servizio farmaceutico servirebbe, ma siamo proprio sicuri che questo eliminerebbe in maniera significativa la tentazione di “risparmiare” sul lavoro. E pensare, aggiunge Vincenzo Devito, presidente MNLF, che ad ogni “piè sospinto” si parla d’investire nella professione, per farsi magari un giro di applausi a qualche convegno. Poi la realtà è un’altra con un rapporto interno alle farmacie sempre più vicino a quello che già in passato abbiamo definito “schiavismo”. Il numero chiuso a farmacia, continua Devito, lo ribadiamo non è la soluzione, ma solo un escamotage, la soluzione è offrire alternative ad una professione troppo farmacia-centrica ed aprire quello che rimane uno dei settori più chiusi in Italia. La difficoltà lavorativa per i farmacisti italiani è una condizione artificiale, dettata da una legislazione condizionata da troppi interessi corporativi che impediscono l’apertura di questo mercato.

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